Quando vado a Bologna immagino che sotto i portici cammini con gioiosa normalità una “puttana ottimista e di sinistra” e che da qualche parte in piazza grande trovo per caso il mitico Bonetti, quello che era stato a Berlino. Perchè poi, le canzoni, alcune canzoni almeno, raccontando un mondo ne costruiscono incredibilmente un altro. Io quando arrivo a Bologna, per esempio, vado sempre alla stazione a guardare quell’orologio fermo alle 10.25, l’ora della strage maledetta del 2 agosto 1980. Poi mi piace arrivare sino alle torri di Garisenda e degli asinelli perché hanno un nome squisitamente scolastico e mi ricordano la mia maestra che divideva sempre la classe in due grandi tronconi: i ragazzi di Garisenda e quelli degli asinelli. Io, chiaramente e per fortuna stavo a sinistra, con quelli di Garisenda. Però quando cammino in via Induno, chissà perchè, mi viene sempre in mente di cercare una fontana dove qualcuno l’aveva vista spogliata una mattina biricchina biriccò. La canzone di Lucio Dalla è un grande affresco di una Bologna completamente diversa da quella raccontata da Francesco Guccini e Claudio Lolli o da Cesare Cremonini. Quella di Lucio Dalla è il racconto perfetto di una storia ormai finita a puttane ma che a Bologna non funziona perché c’è il rischio che ti trovi quella ottimista e di sinistra dove non riesci a fare niente, proprio come un deficiente. Bologna è la rappresentazione di questo affresco che è dentro una canzone. Ho avuto un’amica bolognese, che poi era di Napoli e che amava quelli di Ferrara. Insomma, una storia complessa. Vestiva tutta colorata e portava i capelli a caschetto. Aveva partecipato, come molti della nostra età, alla manifestazione contro la repressione organizzata a Bologna nel 1977 dopo che il giorno 11 Marzo 1977 uno studente veniva ucciso nelle viuzze della cittadella universitaria. Si trattava di Vincenzo Lorusso, militante di lotta continua, colpito a morte da una fucilata sparata da un carabiniere. “Bologna sconvolta” titolava La Repubblica il giorno successivo. Erano i famosi “giornali di marzo” cantati successivamente da Claudio Lolli nell’album “Disoccupate le strade dai sogni”. La mia amica coi capelli a caschetto era piccola, di sinistra e voleva diventare attrice al Dams. Finì per vincere un concorso alle poste e l’ho persa di vista. Aveva un gran sorriso e predisposizione per le avventure. Ma non con me. Però vedere passeggiare il tuo vecchio amore sotto i portici, insieme alla sua amica, quella alta e grande fica può capitare solo a Bologna. Il mio amico Armando che conosce Bologna meglio di me mi ha rassicurato che Bonetti non lo ha mai incontrato e la cosa eccezionale, dice l’Armando è essere normale. Io nel centro di Bologna non mi sono mai perso, e sorrido sempre all’idea ci possa essere un tedesco con una cartina in mano che cerca la statua di Nettuno. Disperato erotico stomp è il racconto di un paese che si è illuso, è rimasto deluso e, infine disilluso. Credeva di poter crescere a dismisura, credeva di potersi permettere uno stile di vita allegro e spensierato. Invece, noi tutti avevamo dei problemi anche seri e siamo rimasti in mutande. Andateci a Bologna e scrutate tutti gli angoli del centro storico. Ci sono tutti: Lucio Dalla, la piazza grande, la piazza bella piazza dove ci passò una lepre pazza, la vespa di Cremonini, via Paolo Fabbri 43, le storie nobili e ignobili. Bologna è il racconto di un paese dove c’è sempre qualcuno ottimista e di sinistra disposto a costruire sogni e provare a raccontarli. Passateci a Bologna e canticchiate “disperato erotico stomp”. Vi ritroverete dentro un pezzo di Italia. Quella vera. Biricchina biriccò.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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