È imbarazzante ricordarlo, ma in Italia i governi non entrano in crisi perché le maggioranze non riescono a mettere in cantiere delle serie riforme per dare stabilità economica, sicurezza e lavoro; niente crisi istituzionali per sottosegretari inquisiti, candidati impresentabili, alleati improbabili o ipocriti che, tra un Family-day e l’altro, si prendono cura di tutto tranne che della famiglia. In Italia le maggioranze entrano in fibrillazione appena si chiede una legge sui «diritti civili». È imbarazzante, ma è la realtà dei fatti oltre che sintomatico e interessante dal punto di vista antropologico. O meglio: è la cartina tornasole di tutta una serie di questioni che riguardano appunto la nostra Civiltà, immobile palude clericale di corrotti in cerca di perdono in cui la democrazia è in uno stato di torpore da decenni. Dev’essere la parola «civile» nello specifico che rende stomachevole questo percorso di emancipazione. Civile che è poi sinonimo di laicità (o laicismo) e di novità socio-culturale. Di «illuminismo», direbbero i filosofi e gli storici, corrente di pensiero che spalancò le porte al processo di secolarizzazione garantendo così all’Europa (tranne che a noi) una vera e propria rivoluzione culturale dove la Chiesa cattolica apostolica romana non avrebbe più bruciato nessuna strega. Noi invece apriamo per l’ennesima volta un siparietto dove servizievoli baciapile di corte (omosessuali compresi) stanno ancora una volta giocando con le vite delle persone. Conoscendo con chi abbiamo a che fare, è dunque pressoché molto chiaro come andrà a finire. Allora perché non rileggersi il discorso di José Luis Rodríguez Zapatero, pronunciato al Parlamento spagnolo in occasione dell’approvazione della legge sul matrimonio omosessuale? Era il 22 aprile 2005. Sono passati già più di dieci anni. Con questa legge il premier spagnolo, non solo dava voce a chi era stato schiacciato dall’omofobia per secoli, ma forniva anche i parametri per definire la nuova Spagna: un paese trasformato alle radici che aveva abbandonato ogni franchismo e che non poteva più tornare indietro accettando ingerenze di alcun tipo, comprese quelle clericali. Zapatero, con il matrimonio omosessuale, stava parlando di «democrazia». E che piaccia o no, per parlare di democrazia, bisogna zittire ogni forma di superstizione religiosa. Seguire parola dopo parola questo discorso, oggi, emoziona quanto la prima volta in cui è stato pronunciato. Assaporarne ogni singolo passaggio, in quella semplicità che è ricca di contenuti politici e umani, dà l’idea di cosa sia un grande statista, un vero socialista, un uomo che non ha avuto paura del cambiamento. Riproporlo in Italia, in questo clima, significa sottolineare la volgarità e la meschinità di chi ci guida e la miseria del dibattito che siamo ancora costretti a subire.
Ecco il testo di Zapatero letto alla Camera Spagnola.
Grazie Signor Presidente,* oggi il mio governo sottomette definitivamente all’approvazione della Camera il Progetto di Legge che modifica il Codice Civile in materia di diritto per contrarre matrimonio, in stretto compimento di un accordo elettorale tra cittadini e questa Camera. Riconosciamo oggi in Spagna il diritto delle persone a contrarre matrimonio con altre persone dello stesso sesso. Prima di noi l’hanno fatto paesi come il Belgio e l’Olanda, e l’altro ieri il Canada. Noi non siamo stati i primi, ma sono certo che non saremo neppure gli ultimi. A breve verranno molti altri paesi, spinti, Signore e Signori, da due forze irrefrenabili: la libertà e l’uguaglianza. Si tratta di un piccolo cambiamento nel testo di legge: sarà aggiunto solo un paragrafo nel quale si stabilisce che il matrimonio avrà gli stessi requisiti e gli stessi effetti quando i contraenti saranno dello stesso sesso o di sesso differente. Un piccolo cambiamento che porterà però un grande cambiamento nella vita di migliaia di nostri compatrioti. Non stiamo legiferando, signore e signori, per gente lontana ed estranea. Stiamo ampliando le opportunità di felicità per i nostri vicini, per i nostri colleghi di lavoro, per i nostri amici e per i nostri familiari, e allo stesso tempo stiamo costruendo un paese migliore, perché una società migliore è quella che non umilia i suoi membri. In un romanzo intitolato La famiglia il nostro Luis Cernuda scriveva: «Come si fa ingannare l’uomo e quanto invano/Da regole che proibiscono e condannano». Oggi la società spagnola da una risposta a un gruppo di persone che per anni sono state umiliate, i cui diritti sono stati ignorati, la cui dignità è stata offesa, l’identità negata, la loro libertà repressa. Oggi la società spagnola gli concede il rispetto che meritano, riconosce i loro diritti, restaura la loro dignità, afferma la loro identità e restituisce la loro libertà. È vero che si tratta solo di una minoranza, però il suo trionfo è il trionfo di tutti. Sebbene ancora non lo sappiano, è anche la vittoria di coloro si oppongono a questa legge, poiché è la vittoria della libertà. La sua vittoria rende migliori tutti noi, rende migliore la nostra società. Signore e signori, non c’è aggressione alcuna al matrimonio né alla famiglia nella possibilità che due persone dello stesso sesso si sposino. Ma semmai è tutto al contrario, quello che c’è, è uno spazio per realizzare la pretesa di queste persone di regolare la loro vita in conformità alle norme e alle esigenze del matrimonio e della famiglia. Non c’è nessuna violazione dell’istituzione matrimoniale, anzi esattamente l’opposto: valorizzazione e riconoscimento del matrimonio. Sono cosciente che alcune persone e istituzioni sono in profondo disaccordo con questa modifica di legge. Desidero rassicurarli che, come altre riforme che l’hanno preceduta, questa Legge non genererà alcun male, che la sua unica conseguenza sarà il risparmio dell’inutile sofferenza di esseri umani. E una società che risparmia inutili sofferenze ai suoi membri è una società migliore. Ad ogni modo, manifesto il mio profondo rispetto verso quelle persone e quelle istituzioni, ma voglio altresì richiedere lo stesso rispetto a coloro che appoggiano questa Legge. Agli omosessuali, che hanno sopportato sulla propria pelle la derisione e l’affronto per anni, chiedo che al valore dimostrato nella lotta per i propri diritti aggiungano ora l’impegno della generosità ed esprimano la propria gioia in rispetto a tutte le credenze. Con l’approvazione di questo Progetto di Legge il nostro Paese compie un passo in più lungo il cammino della libertà e della tolleranza che iniziò con la Transizione democratica. I nostri figli ci guardano con incredulità quando gli raccontiamo che non tanto tempo fa le loro madri avevano meno diritti dei loro padri e se gli raccontiamo che le persone dovevano rimanere unite nel matrimonio, persino contro la propria volontà, quando non erano già più in grado di convivere. Oggi possiamo offrirgli una bella lezione: ogni diritto conquistato, ogni libertà raggiunta è stato il frutto dello sforzo e del sacrificio di tante persone che dobbiamo oggi riconoscere e di cui dobbiamo andare orgogliosi. Oggi dimostriamo con questa legge che le società possono migliorare e che si possono ampliare le frontiere della tolleranza e restringere lo spazio dell’umiliazione e dell’infelicità. Oggi, per molti, arriva quel giorno che evocò Kafavis un secolo fa: «Più tardi, in una società migliore, qualcun altro, fatto come me, certamente si mostrerà e agirà liberamente». Grazie! *Traduzione a cura dell’autore.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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