Recentemente è stata pubblicata la ricerca di una grande compagnia di assicurazioni, che evidenziava la Sardegna come la regione d’Italia dove le persone passano più tempo in auto. Considerando che l’Italia è la patria dell’automobile, la ricerca certamente sorprende. L’Italia infatti è uno dei paesi con il maggior numero di automobili pro-capite del mondo. Un dato che mette in risalto non solo la grande passione degli italiani verso questo mezzo, ma anche una politica che ha visto, storicamente, favorire i mezzi gommati a scapito di altri mezzi di locomozione. Ma il dato è sorprendente anche per un altro motivo: proprio per la sua scarsa densità abitativa, in Sardegna non ci sono quei fenomeni mostruosi, persino grotteschi, di affollamento automobilistico che si vedono nelle zone d’Italia e d’Europa ad alta densità abitativa, dove si passa delle ore intrappolati in mezzo al traffico nelle ore di punta. A parte forse alcuni tratti delle strade costiere del sud nei pressi di Cagliari, da questo punto di vista la Sardegna è un’isola felice. Come interpretare dunque questo dato sorprendente, di una Sardegna prima tra i primi in un uso esagerato dell’automobile? La risposta più comoda è la critica nei confronti dei mezzi pubblici. Una critica in realtà fondata solo in parte, e solo se ci riferiamo all’assenza strutturale di una rete ferroviaria adeguata. Al netto della solita retorica lamentosa contro i servizi pubblici, occorre dire che il vero problema della Sardegna, sotto questo profilo, è la bassa densità abitativa e la distanza tra i centri abitati, che non consente una fitta copertura del servizio come può accadere in zone più densamente popolate. Diverso, come si accennava, il caso della rete ferroviaria. La Sardegna è una delle poche regioni italiane senza linee ad alta velocità e l’unica senza linee elettrificate; le linee presenti sono scarse e lente. Il trasporto ferroviario è fondamentale per il pendolarismo, e consentirebbe a moltissime persone di usufruire di un servizio in sostituzione dell’automobile. L’assenza di linee ferroviarie, nella spasmodica attesa che cambi qualcosa e che si risolvano i noti problemi, si unisce alle altre assenze di infrastrutture, si pensi alla rete metanifera. Che lo Stato abbia penalizzato la Sardegna, non concedendo ai sardi neppure il beneficio di una continuità territoriale degna di questo nome, è fuori discussione, se pensiamo che, invece e purtroppo, non mancano com’è noto le infrastrutture militari. Di quelle la Sardegna ha il primato Europeo. Tuttavia, nell’epoca in cui giunsero a pioggia i fondi dei due piani di rinascita, non erano tanti quelli, anche tra i sardi, che invocavano infrastrutture. Il verbo era l’industria, e il miraggio degli affari per gli uni e delle buste paga per gli altri soffocò la ragionevole esigenza primaria di pianificare uno sviluppo partendo dalle infrastrutture dei trasporti. L’arretratezza della Sardegna per le infrastrutture dovrebbe essere motivo di vergogna per lo Stato italiano. Ma sui difficili rapporti tra Sardegna e Stato, sulle servitù militari, sulle bonifiche mai eseguite, sulla vertenza delle entrate e sui debiti dovuti, ho già scritto in passato su Sardegnablogger e non mi dilungo oltre. Torno invece su questa propensione dei sardi per l’automobile. Perché se è vero che in Sardegna mancano le ferrovie, è anche vero che l’amore per l’auto non è solo italiana. Per carità, non c’è nulla di male: la passione per l’automobile e per i motori in genere ha consentito all’Italia, con i suoi marchi celebri, di imporsi nel mondo con la sua immagine, con il suo Made in Italy. Tuttavia, l’automobile, spacciata come mezzo di libertà dalle pubblicità che mostrano queste auto vagare per paesaggi spettacolari e deserti, sta diventando nel nostro paese una sorta di mezzo assoluto, con la politica delle amministrazioni locali piegata al suo uso e consumo. Guai a progettare una pista ciclabile in città, si rischia il linciaggio. A Cagliari le biciclette del comune si stanno arrugginendo, per la gioia di una larga maggioranza che quelle piste ciclabili aveva in odio, che manco gli zingari. La proposta, bellissima e sacrosanta, di creare una struttura regionale per il cicloturismo ecologico, ha subito una valanga incomprensibile e illogica di fischi e critiche rabbiose da una parte troppo ampia dell’opinione pubblica, a indicare come, purtroppo, in Sardegna, l’automobile domina la cultura della gente in modo assoluto e deformante. Per cui invocare in maniera lamentosa i disservizi ci impediscono di fare una rigorosa ma dovuta autocritica. In Sardegna manca completamente non solo la cultura della bicicletta, ma anche della passeggiata cittadina, nonostante le nostre città siano più vivibili e percorribili a piedi di molte altre. Vedo la domenica persone masturbarsi lavando la macchina manco fosse oro, poi prenderla per fare commissioni di poche centinaia di metri. Vedo gente che si affolla nelle auto in città, come Cagliari e Sassari, che con quattro passi si possono attraversare in lungo e in largo. Vedo gente che si incazza come iene se perdono una frazione di secondo a superare un ciclista, che inveiscono contro tutto quello che può ricordare una pista ciclabile. Intanto il tempo passato in auto significa consumo di benzina e consumo di petrolio. E per il petrolio si fanno le guerre, nel mondo, e si ammazza la gente. Per il petrolio fanno industrie che inquinano, in Sardegna e altrove. Ricordiamocelo, perché le rivoluzioni iniziano del basso.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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