“La cerimonia del 25 aprile, era diventata sempre più stanca e scialba, sembrava che non ci credesse più nessuno. Troppo diversa era l’Italia che ogni giorno avevamo sotto gli occhi, da quella allora sperata. Gli stessi Partigiani superstiti venivano ormai considerati come dei reduci che con nostalgia guardavano ancora, quegli eventi troppo lontani per potere suscitare gli entusiasmi di allora. Ma dopo gli avvenimenti che hanno segnato la fine di una buona parte della nostra classe dirigente, abbiamo ragione di sperare che il Paese si sia scosso e sappia ritrovare gli ideali da cui è nata la nostra repubblica. Mi auguro dunque che la cerimonia di domani non sia una ripetizione di quelle degli ultimi anni, meno ufficiale ma più giannina, meno nostalgica e più aperta all’avvenire. Quel 25 aprile del 1945, ci parrà forse, di nuovo più vicino”
[Norberto Bobbio, intervista al TG3 del 24/04/1993]
Cosa sia cambiato, da quel 48° anniversario ad oggi, che siamo al 60°, è davvero semplice e purtroppo alquanto triste, da raccontare. Le parole, di Bobbio, ma anche quelle di Pertini e di molti altri, non ebbero alcun seguito, non ebbero lettori e ascoltatori capaci di rendersi conto -perché traviati da tutto il finto benessere e la propaganda da “ottava potenza mondiale” sparsi abilmente intorno dai media- di quanto si stesse perdendo in quegli anni, di cosa tutti si stesse calpestando e revisionando in nome di una vera e propria catastrofe quale è l’attuale situazione.
Chi continuò ed ha continuato a tenere saldi i valori e gli ideali della Resistenza al nazifascismo e alle dittature è stato sempre più emarginato, visto come un “disturbatore” di tanta “quiete ed abbondanza”, mentre erano chiare le insidie di un mai davvero dissolto Partito Fascista e della sua guerrafondaia e sibillina capacità falsificante, di quel malcostume che vuole che a decidere sia chi se lo può permettere e non chi è più adatto ed autorevole per farlo. Un fascismo di ritorno, ancora una volta sostenuto da fasti e meriti che -ormai è Storia che tutti dovremmo conoscere- non sono mai esistiti e, dove lo siano, non fu certo per merito suo, sperando che sia chiaro una volta per tutte, anche per tutti quei giovani che inneggiano e parteggiano col cuore intriso di buonafede mal riposta in delle banalissime menzogne storiche.
Una destra che piano piano ha sdoganato, sin da subito, e reso inconsistente la “apologia di reato” ed oggi sfila, quando va bene, nelle piazze d’Europa (altra traditrice di pensieri e valori fondanti, probabilmente di radice anch’essa destrorsa e dispotica, oggi) e quando va male combina una strage o qualche morte cruenta, sovversioni e guerre etniche, come in Ucraina o nella ex Jugoslavia.
Una destra che qua in Italia ha governato, a tratti, per un altro ventennio realizzando le peggiori contraddizioni, le peggiori storture etiche, morali e istituzionali mai viste, forse nemmeno in quell’altro, di ventennio. Privatizzazioni parentali e sperpero di denaro pubblico, incapacità gestionale e intellettuale di stare al passo con un mondo che, da una parte, le frontiere le annulla levando così anche la più minima protezione alle persone comuni, di fatto, nel commercio di prodotti e sostanze che bene non fanno ma anzi spesso uccidono. Un mondo che abbatte un muro a Berlino, un muro storico che segnò divisioni ben più profonde delle sue fondamenta, per erigerne altri, più spessi e più alti, fra l’umanità e gli umani. Nel Vecchio Continente come in Palestina, nella partecipazione e nel diritto, nell’informazione e nella conoscenza, muri altissimi fra l’azione politica ed il popolo ed ora si appresta a seminarne altri, più pericolosi ed esecrabili, fra individuo e individuo, ritornando ai nazionalismi, autoritarismi e razzismi razziali che speravamo superati per sempre. Di quei fantasmi non fummo capaci di liberarci allora, non del tutto, in tempi che da piccolo vedevo come preistorici eppure sono nato soltanto sedici anni dopo, quella Resistenza e quei fatti. Oggi quell’elastico lo vedo molto più corto di ieri, perché sono quei giorni a riproporsi, a ritornare come in un incubo sempre più spesso, di giorno e di notte. Perché ciò che Norberto Bobbio diceva nel 1993 oggi andrebbe ripetuto e discusso ovunque, dalle scuole ai posti di lavoro, nelle caserme e nelle questure. Chi è restato “resistente” ha poco da festeggiare, ogni anno di meno, di fronte ad un Paese che è riuscito a fare anche di peggio da quanto chi, come in quegli anni fecero tantissimi intellettuali e uomini di Cultura, denunciava ed avvertiva ad una nazione stordita dalle bombe e dai lacrimogeni e poi definitivamente rincoglionita (scusate, ma non v’è altro termine) dalla televisione prima ed oggi dalle insidie dell’Internet. Chi resisteva allora oggi resiste ancora di più, specie alle tentazioni nelle quali tutti cascano, dove tutti alla fine cercano posto dimenticandosi che, se di ragioni ne avevamo davvero poche sessanta anni fa, per festeggiare, oggi ne abbiamo molte meno. Chi resiste è fra gli ultimi che bisogna cercarlo, perché chi è davanti, i primi, lasciano indietro troppe cose importanti, quali la dignità e la memoria, per abbracciare ciò che, un domani meno remoto di quanto possiamo credere, saremo costretti a combattere così come lo combatterono per noi, sessanta anni fa, i mosti nonni, zii e padri, le nostre nonne, zie e madri in nome di Valori universali presto dimenticati, costretti ad una assurda contraddizione fra quanto raccontavano i discorsi commemorativi e quanto nel Paese continuava a succedere. Liberiamoci da queste contraddizioni, definitivamente, ed allora riusciremo a festeggiare davvero, motivati, ciò che per un intero anno, ogni hanno, saremo riusciti a difendere e migliorare di quei Valori ed ideali che, in quanto umanistici ed universali, non possono avere i confini di una o dell’altra parte politica, non devono avere nessun confine, ma devono essere e restare diffusi e respirabili ovunque, sempre, ed essere sempre pronti e capaci di impedire e neutralizzare qualsiasi forma di violenza e di sopruso, qualsiasi legge iniqua ed ingiusta, qualsiasi forma quel fascismo decida prendere, sinistra compresa.
Gli auguri e le frasi le conservo per quando sarà, per ora ancora resisto e, credetemi, non è ne’ facile, ne’ poco.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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