Le Regione Sardegna, col progetto Tutti a Iscol@, stanzia un bel po’ di milioni per combattere la dispersione scolastica. E come lo fa? Attraverso la moltiplicazione delle opportunità di sviluppo delle competenze digitali – dicono Francesco Pigliaru e l’assessore della Pubblica Istruzione Giuseppe Dessena – Laboratori digitali, laboratori per tutti.
La tecnologia smette, quindi, di essere uno strumento e diventa un obiettivo.
Eppure non occorre nemmeno riflettere per capire che oggi la scuola non ha affatto bisogno di un linguaggio digitale, perché sul piano tecnologico i ragazzi battono i docenti 2 a 0. Non servono laboratori quanto, semmai, docenti che sappiano educare il pensiero e istruire la mente. La scuola ha urgenza di creare competenze emotive e sociali, oltre a quelle cognitive. Perché lo studente omosessuale è ancora quello frocio; la ragazzina con la minigonna è ancora quella un po’ troia; l’alunno timido e fragile è quello sfigato che diventa bersaglio dei bulli.
Alle scuole non servono computer ma docenti seri e preparati, in possesso di competenze didattiche e metodologiche, capaci di stimolare l’affettività e innescare negli alunni comportamenti di consapevolezza, autocontrollo, empatia. Insegnanti che costruiscano sentieri tortuosi per il pensiero, non frettolose scorciatoie. Affinché in quella landa di desolazione emotiva che ospita buona parte dei ragazzi il primo ad attivarsi sia il pensiero anziché il gesto, spesso brusco, maldestro e violento che sostituisce tutte le parole che loro non sono in grado di dire. Il vero analfabetismo è quello emotivo che si contrasta con la lettura, con lo studio della letteratura, l’arte, la riflessione, la conoscenza dei sentimenti altrui. La vera dispersione è quella dell’affettività, che solo docenti preparati possono arginare prendendo gli alunni per mano e, scansando la sterile finalità tecnico-produttiva della scuola, siano capaci di condurli all’amore per la cultura.
Il Presidente Pigliaru e l’assessore Dessena dovrebbero capire che la scuola non ha bisogno di monitor e tastiere, perché il suo obiettivo non è quello di addestrare sterilmente al lavoro le braccia dei giovani. Ma quello di formare uomini.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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