Mi sono messo a dieta. Dopo le feste cerco sempre di darmi una regolata col cibo. A dire il vero può succedere anche in altri periodi dell’anno, quando la spia rossa della bilancia mi obbliga a seguire una certa tabella alimentare. Sempre la stessa, prescritta da una nutrizionista quindici anni fa: gli addetti ai lavori storceranno il naso, perché oggi sono un’altra persona rispetto a quella di quindici anni fa (come cantava Vasco Rossi) e il menu andrebbe senz’altro cambiato. Ma quella dieta per me è soprattutto una forma di disciplina. Mi ritrovo nel piatto, in quantità calibrate, alimenti ogni giorno diversi, talmente ignorati dal mio regime alimentare ordinario da averne quasi dimenticato l’esistenza. E capisco che quel tanto mi basta. In genere dopo una settimana sto già meglio, al mattino mi alzo bello pimpante e mi sembra di avere ritrovato le energie di un ventenne (che, poi, a vent’anni non c’avevo voglia di fare niente). Quando annuncio agli altri di Sardegnablogger di essermi messo a dieta, perché di annuncio si tratta, segue sempre un dibattito. I due atleti Fiorenzo Caterini e Tore Dessena hanno così commentato: Fiorenzo: “Non illuderti, le diete non servono a nulla”. Tore: “Dieta? Non farmi incazzare, non è la strada giusta”. Ha aggiunto Luca Ronchi: “Ahahahahhah”. Vabbé, prendetevelo voi il mio metabolismo con incorporato tutto l’appetito che ho, prendetevi anche le migliaia di chilometri di pedalate e le centinaia di camminate e corse che totalizzo in un anno. Io invece credo che le diete servano, non solo per il benessere fisico.
Anni fa, governo di centrodestra appena insediato, un pingue parlamentare sardo si mise in testa di fare il sottosegretario. Un giorno, in mezzo al capannello di deputati e senatori in visibilio al passaggio del leader, riuscì a fermare Berlusconi e a rubargli qualche secondo d’attenzione. “Senta, presidente, io credo di meritare la nomina a sottosegretario per rappresentare quella parte di Sardegna dalla quale provengo” eccetera eccetera eccetera. Berlusconi ghignò, lo squadrò facendolo sentire colpevole di tutto il suo peso, assentì ma pose una condizione: “Onorevole….., lei diventerà sottosegretario quando avrà perso trenta chili”. Naturalmente l’onorevole non capì l’ironia del capo e per assecondare le sue ambizioni si decise a seguire una dieta. Per tutta la legislatura girò al largo dalla tentazione dei ristoranti romani, ignorando code alla vaccinara, abbacchi e carbonare. Purtroppo, il nostro aspirante sottosegretario nel fine settimana tornava in Sardegna e trovava ad attenderlo il suo ruspante elettorato, cui non si poteva negare: ogni sabato un invito, pecore in cappotto e memorabili arrostite che vanificavano i sacrifici alimentari della settimana nella capitale. Inutile precisare che il nostro parlamentare sottosegretario non lo diventò mai, e mai lo sarebbe diventato anche se la dieta avesse sortiti i prodigiosi effetti richiesti da Berlusconi. Ma chi lo conosce racconta che l’uomo visse quegli anni nel sogno, o nell’illusione, di vedere coronato il sogno di una vita: essere sottosegretario. E pare fosse diventato un uomo migliore.
Io sottosegretario non lo sarò mai e mai mi è interessato diventarlo. Però credo che si possa diventare uomini migliori anche rispettando piccole regole nelle abitudini quotidiane, quelle alimentari tra le altre. Ieri ho visto delle foto di tanti anni fa In una ero in perfetta forma e portavo un abito grigio che mi piacerebbe tanto indossare di nuovo, anche perché è ancora custodito – forse per trascuratezza, forse per speranza – in un armadio. Non credo il mio giro vita me lo consentirà mai. Però, col passare degli anni, penso che il solo fatto di non rassegnarsi al disfacimento del proprio corpo sia il modo migliore per rispettarlo e per restare vivi. Forse è solo vanità, forse è solo il patetico desiderio di inseguire il tempo di quelle Polaroid sbiadite, quando il pensiero del salto nel buio finale ancora non ci tormentava. O forse ci si sente meglio solo perché si capisce che si può soddisfare la nostra carcassa con settanta grammi di pasta, due fette di prosciutto, una ciotola di verdura e mezza pera. Quel che mi spetta oggi.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
Un rider non si guarda in faccia (di Cosimo Filigheddu)
Ciao a Franco dei “ricchi e poveri”. (di Giampaolo Cassitta)
La musica che gira intorno all’Ucraina. (di Giampaolo Cassitta)
22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
Ha vinto la musica (di Giampaolo Cassitta)
Sanremo non esiste (di Francesco Giorgioni)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.021 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design