Vorrei chiedere alla sinistra (quella che è stata la sinistra, quella che ritiene di essere ancora la sinistra) se ha un senso politico, pratico, etico, sociale, che una città come Sassari stia un anno senza l’assessore alla cultura perché il sindaco, Nicola Sanna, chiede da tempo il via libera ad alcuni capi corrente del Partito Democratico (a quanto pare Silvio Lai, uscito sconfitto dalle ultime elezioni e Giacomo Spissu) per poter nominare l’assessore che, secondo il sindaco Sanna, dovrebbe non essere essenzialmente del Pd ma gradito al resto della maggioranza. Il manuale Cencelli (ma non era cosa da “democristiani”?) suggerisce invece che il famoso assessore sia in quota alla corrente (ma non era cosa da “democrsitiani”?) Spissu-Lai. Ora, sarà che alcuni di noi hanno (o avevano) una visione bucolica e romantica della politica e della cultura, sarà che alcuni di noi hanno (o avevano) una visione più passionale dell’essere di sinistra, ma mi chiedo (e, a questo punto vi chiedo): che differenza ci potrà essere mai, a livello culturale, per un assessore scelto dal sindaco rispetto a quello scelto da una corrente? Quale potrebbe essere il presunto curriculm dell’uno o dell’altro? Aver frequentato il classico piuttosto che un istituto tecnico? Essere iscritti alla CGIL? Aver letto almeno le prime dieci pagine del capitale di Marx o le prime cento del guru di Amazzon? Conoscere il nome di almeno dieci premi Strega o riuscire a sintetizzare tutto il programma in un tweet? Che cosa ha fatto Sassari (e soprattutto gli elettori di sinistra sassaresi) per meritarsi questo terribile sfacelo, questa dozzinale e cafona lotta per un assessorato dove non sono importanti i contenuti ma solo ed esclusivamente a chi quell’assessore deve rispondere? Perché siamo arrivati agli ultimi giorni di Pompei e nessuno ci ha avvisato? Perché non si comprende che questo stillicidio porta – e direi giustamente – alla sconfitta terribile e ben costruita da questa sinistra nichilista, arrotolata su se stessa, gonfia di cupidigia per la poltrona e di disprezzo assoluto per la bellezza. E per la cultura. Fossi Michele Serra ci scriverei un’amaca. Anche qui, più che di correnti si parla di classe. E la classe, per questa sinistra, fa acqua da tutte le parti.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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