Lo sceicco si alza, prende alcuni oggetti dal posto in cui era seduto e si avvia verso l’uscita del vecchio palazzo, lo stesso in cui studiarono alcuni dei suoi antenati. Raggiunge un lungo corridoio e si mescola al flusso delle altre persone dirette verso l’uscita. Raggiunta la grande scalinata in granito inizia a scendere dalla rampa di destra. Le persone accanto a lui lo guardano e sorridono. I più audaci gli rivolgono una domanda, che è per tutti la stessa. È febbraio, ma c’è un sole stupendo.
A moltissimi chilometri di distanza, solo qualche mese prima, precisamente il 22 novembre del 1973 (quarantadue anni fa), il Governo Rumor varava una prima serie di misure per contenere i consumi di petrolio, in seguito alla crisi scatenata da alcuni paesi dell’OPEC, con l’aumento improvviso del prezzo del greggio e la chiusura dei rubinetti. Si era trattato di un’escalation geopolitica dalle ripercussioni pesantissime. L’attacco scatenato da Egitto e Siria contro Israele a ottobre e la conseguente presa di posizione di alcuni paesi produttori, avevano costretto molti paesi europei a ridurre drasticamente i consumi, limitando la circolazione delle auto, accorciando la giornata lavorativa di alcuni esercizi, e a investire in tecnologie che favorissero il risparmio energetico e diminuissero la dipendenza dal petrolio. In seguito a quella crisi rallentò il tasso di crescita altissimo del secondo dopoguerra, mentre nell’Europa dell’est molte economie entrarono in crisi, preparando il terreno per il crollo dell’impero sovietico, quindici anni più tardi.
Proprio ieri riflettevo su un fatto: i paesi arabi, dalla Tunisia fino all’Iraq (per rimanere a quelli più vicini al Mediterraneo) sono sconvolti da guerre e tensioni che si succedono con frequenza crescente ormai dal 1990 (evito di andare più indietro), da quando Bush padre decise di invadere l’Iraq in risposta all’occupazione del Kuwait. Eppure non ricordo che in quell’occasione, né quando venne invaso l’Afghanistan nel 2001, né con la seconda guerra in Iraq nel 2003, né con le varie tappe della primavera araba a partire dal 2010, non ricordo, dicevo, che sia mai stato necessario fermare le macchine per risparmiare, collettivamente, petrolio. È vero che il numero delle automobili è più o meno lo stesso del 1973, è vero che nel frattempo la tecnologia ci ha consentito di fare passi importanti sul fronte del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili, ed è vero che i paesi arabi non sono più stati così compatti, negli ultimi venticinque anni, come in occasione della guerra del Kippur.
Però mi viene il dubbio che anche per altri motivi sentiamo meno i contraccolpi di quello che accade nel mondo islamico. È come se l’alleanza tra l’Occidente e certi settori del mondo arabo fosse diventata intoccabile. Non la sconvolge la guerra, non la sconvolge Al Qaeda, non la sconvolge l’ISIS, e anche questo ci consente di continuare a gironzolare in macchina come se niente fosse. Insomma, è un legame fortissimo, forse indissolubile se non a un prezzo altissimo. Molti paesi ne hanno già pagato una quota notevole e adesso non esistono più, o esistono con le loro strade devastate, le fogne interrotte, la corrente razionata, le elezioni sospese, i bombardamenti, l’esodo verso le coste del Mediterraneo. A noi ogni tanto arriva un colpo che ci fa piangere, ci spaventa, ma poi passa nel dimenticatoio e noi riprendiamo a gironzolare con le nostre macchine.
Lo sceicco arriva in fondo alla gradinata. Sorride a sua madre che è andata a prenderlo. Lei gli tende le braccia e lo tira su.
“Ciao Mamma”
“Ciao tesoro. Cosa ti stavano chiedendo quei bambini?”
“Boh? Mi dicevano tutti dammi un po’ di petrolio, dammi un po’ di petrolio, e io lo prendevo dalla tasca per finta e glielo davo”
Quel costume da sceicco deve essere ancora conservato in qualche scatolone, dentro qualche soffitta. Oppure chissà.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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