Yes, i’m a sinner man.
Dice che a pensar male si fa peccato, ed allora io dovrei correre a confessarmi ed espiare tutti i giorni, perché per mia evidente deformazione, la penso male di molte cose e mi dispiace, il più delle volte, azzeccarci pure.
Per esempio quando penso che manchi la volontà, più che la capacità, da parte dell’uomo, di risolvere molti dei problemi che l’uomo stesso crea o che lascia che si creino, perché non credo lo faccia solo per pigrizia ma che vi siano dietro spesso altri corposi interessi, che quel danno crei per alcuni dei grossi vantaggi. Avete presente quei due pusillanimi che se la ridevano per il terremoto a L’Aquila? Oppure certi virus creati in laboratorio che scappano dalle provette e si propagano in giro? Di esempi potrei star qui ad elencarvene sino a sedarvi, tant’è lunga la sfilza.
Ma è meglio prenderli ad uno ad uno e cercare di ragionarci su con l’intenzione e lo scopo di capirsi e possibilmente insieme risolverli, con calma, senza contrapposizioni o astio, senza perdere di vista quella parte di buon senso e di ragione (non l’opposto di torto ma proprio la ragione ragione, come senno) che tutti noi di sicuro abbiamo. Questo perché resto fermamente convinto che quei vantaggi, facili e immediati, alla fine risultino essere l’esatto contrario anche per chi, di essi, si approfitta e lucra. E se non per lui, per i suoi discendenti.
E’ di questi giorni la notizia, di un parassita che, dopo il rosso punteruolo delle palme, sta intaccando in modo molto aggressivo e diffuso gli ulivi. Il parassita si chiama Xylella e sta colpendo una regione come la Puglia che, nella coltura dell’Ulivo, mantiene una buona fetta delle sue economia ed occupazione. Un batterio che si propaga anche molto velocemente e che l’Unione Europea pare abbia stabilito [errata corrige, pare che non sia europea ma della stessa Regione Puglia la richiesta di eradicazione degli alberi infetti] vada debellato con l’abbattimento delle piante infette, ritenendo questa misura, l’unica in grado di sconfiggere il male ma che, giustamente, i coltivatori pugliesi respingono con decisione, tanto da ricorrere ai mezzi legali per salvaguardare da una imposizione che si dimostra ancora una volta miope e troppo sbrigativa e, tornando al discorso del peccato “originale”, puzza da lontano un miglio di ben altri aromi da quelli dell’extravergine.
E’ già comunque successo che altre norme, comunitarie o nazionali, finissero con l’avvantaggiare determinati produttori e mercati a discapito di realtà magari più piccole e meno rappresentate a livello europeo. Quote latte, l’espianto di vitigni e vigneti mentre la richiesta di vini andava aumentando in modo esponenziale -ed in questo caso, proprio la Sardegna ci rimise parecchio e regioni come quelle vinicole francesi e spagnole ma anche del Nord-Italia invece, parecchio ci guadagnarono- sta succedendo con le carni, con le verdure, frutta e ortaggi ed ora tocca pure all’ulivo e ai suoi derivati. Bene quindi che [finalmente!] i nostri contadini abbiano cominciato a mettere da parte certe corporazioni che invece di difenderli li hanno sempre sfruttati -delle quali i nomi li conosciamo tutti- facendo si che non si valutassero gli effetti di certe imposizioni prima di farle accettare come vantaggiose e si stiano coalizzando attraverso altre forme di cooperazione e collaborazione, cartello contro cartello quindi. Perché un rimedio che scongiuri l’abbattimento di piante secolari quanto importanti esiste e pare essere pure molto meno costoso di quanto non sarebbe il rimedio scelto per loro in sede comunitaria. Si tratta molto semplicemente di quel composto rameico, la “poltiglia bordolese”, che ogni coltivatore ben conosce, che unito a calce ed a semplici trattamenti di potatura del secco, pulizia di tronco e rami come del terreno intorno alle piante, sta ottenendo degli ottimi risultati anche contro la xylella. Non è un rimedio “non invasivo”, certo, ma pare avere successo e resta comunque il male minore e per la pianta e per il contadino. Dopo gli scandali sulla qualità dell’olio prodotto che vede centinaia di tonnellate di oli di dubbia qualità importati per essere mischiati alle nostre decisamente ottime produzioni a fini non certo qualitativi ma di lucro, recidere altre piante limitando così la produzione, sarebbe come recidersi le vene.
Gli uliveti e le campagne possono ancora dare tanto, basta lavorarla, averne cura e coltivarla la terra, questo dovrebbe essere uno dei punti sui quali basare un’idea di sviluppo occupativo seria, sostenibile e durevole ma anche un sicuro miglioramento delle qualità sia alimentari che della vita: meno trasporto di merci che sarebbero a km-zero, più cura e pulizia dei terreni, meno inquinamento e più vitalità in posti che appaiono oggi di una desolazione annichilente. Un’idea che ridarebbe respiro anche ai quei comuni e centri dove oggi lo spopolamento la fa da padrone, perché più gente lavorerà le campagne intorno, più l’economia di quei paesi avrà modo di crescere e svilupparsi. I contadini e braccianti inevitabilmente mangiano, bevono e dormono, si vestono e si svagano, quindi spendono. E se le sinergie necessarie si attivano attraverso delle buone politiche ed una seria programmazione, che non le renda palliative o peggio inutili andando amorfamente appresso alle indicazioni e tendenze di chi, oggi, dall’alto delle Commissioni europee preposte è magari al soldo di potenti multinazionali [se date uno sguardo alla composizione di quelle commissioni avrete delle amare sorprese] che hanno tutt’altri interessi fra cui quello oramai palese di fare sparire le piccole produzioni e le piccole realtà a vantaggio dell’intensivo o di colture finalizzate ad altri scopi quando non la produzione di energie delle quali non abbiamo certo bisogno, visto che dell’esistente ce ne avanza letteralmente da vendere senza che se ne recepisca guadagno alcuno. Se si sarà capaci di attivare queste sinergie, dicevo, non potrà che venirne fuori qualcosa di buono e di utile per tutti noi. Si potrà ridare linfa a molte altre occupazioni che a quel settore sono inerenti, edilizia compresa, sino alle piccole imprese artigianali. Più persone in campagna significa più persone in paese, più pane e più vino consumati, più case abitate e magari finalmente ristrutturate e portate a standard accettabili di consumo energetico, più benessere e più felicità per tutti. Nascerebbero scuole di potatura e di innesto, mestieri in via di estinzione, nascerebbero di nuovo le officine dei fabbri e i laboratori dei falegnami e, forse, si scongiurerebbe pure il pericolo che tutto questo venga definitivamente compromesso, cancellato da colossi come la grande distribuzione ed il concentramento antropico dei grossi centri a svantaggio dei piccoli, peggiorando entrambi.
Una vita in campagna è decisamente più sana di una vita fra malte e blocchetti e persino più allegra, se affrontata con la vocazione e lo spirito giusti. Di terra ne abbiamo tanta e siamo ancora relativamente pochi, pensiamoci ma facciamolo seriamente, facciamolo in fretta, che riconvertire un muratore o un operaio in contadino non è ancora poi così difficile e, se a fianco a tutto questo saremo capaci di abbinare tecnologia e scienza, ancora meglio! Avremo dei contadini più colti e informati, capaci usare quelle tecnologie per commercializzare, pubblicizzare e movimentare quei prodotti, magari con la zappa in una mano e whatsapp nell’altra, in un mondo più possibile e meno ricco di stress, capaci di valutare da soli e da soli decidere se una legge comunitaria può essere un bene oppure una solenne fregatura, che ne abbiamo ricevute sin troppe e questa degli ulivi mozzati pare esserne parte integrante. La SARAS non potrà mai sistemarci tutti, ma sta cercando di farlo anche attraverso sibilline quanto deprecabili ed altre campagne, quelle della propaganda ingannevole, ma è “per le feste” che saremo sistemati e non è certo di sagre e banchetti, che stiamo parlando. Una vera Riforma Agraria deve nascere e svilupparsi in Sardegna, non piovere qua da Bruxelles o da Roma già condita e farcita, perché è qua e non altrove, che si coltivano i nostri interessi e la nostra Terra, i nostri figli e nipoti, il nostro ed il loro futuro.
A menzus bidere!
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Cara Cora (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design