Pacemaker .Belfast IRA man on patrol in West Belfast 1987
In questi giorni grande è la preoccupazione per quello che sta accadendo in Catalogna. Sconcerto ha provocato il modo con cui il governo spagnolo ha gestito la crisi, con chiusure nette e persino con il ricorso alla violenza. In questi anni la Spagna è stata presa ad esempio come il paese forse in assoluto più avanzato sotto il profilo della democrazia e dei diritti civili. Tuttavia, in questi giorni, soprattutto in Sardegna dove l’immedesimazione con la Catalogna sorge spontanea, la Spagna e la Catalogna sono finite all’interno di una opposizione, demonizzazione da una parte e idealizzazione dall’altra. La Spagna, perciò, dopo essere stata idolatrata come il paese della movida e dei diritti civili, torna ad essere per inveterata storia e persino per antropologia “franchista”. Insomma, l’Italia fascista, la Germania nazista, la Spagna franchista, ecco il trio degli stati storicamente cattivi. Da più parti, pertanto, giungono appelli all’Europa e a quei paesi di lunga tradizione civile e democratica per una mediazione che scongiuri altre violenze e che magari favorisca il diritto di autoderminazione del popolo catalano. Verso la fine degli anni ’50 l’Algeria decise per l’indipendenza dalla Francia. Si era in pieno periodo di liberalizzazione delle colonie. Ma la Francia, vuoi per i coloni francesi ivi insediati, vuoi per il petrolio, scatenò una delle più brutali e sporche guerre del secolo. La guerra durò oltre gli anni ’60, provocando, soprattutto tra i civili algerini, 300 – 400 mila morti, secondo le stime francesi, un milione e mezzo secondo le stime algerine. Una rivoluzione di popolo che i francesi tentarono di stroncare con ogni mezzo, arrivando persino ad utilizzare la tortura, che dopo il nazismo era stata bandita da tutti gli accordi internazionali. Gli algerini collaborazionisti furono sottoposti, dai “cristiani” francesi, ad atroci torture, tra cui è restata impressa nella memoria quella operata attraverso l’uso della corrente elettrica, con elettrodi applicati nei capezzoli, nella lingua, nei genitali. Gli effetti tragici sulla psiche di quelle torture sono raccontate nel libro “I dannati della terra” dello psichiatra Franz Fanon, che curò le vittime algerine di quel periodo, esperienza che gli consentì, successivamente, di elaborare la sua teoria sugli effetti della colonizzazione sulla psicologia collettiva dei colonizzati. Si stenta a credere che certe cose siano capitate qui, nella moderna e civile Europa, e neppure tanti anni fa, e specialmente in quella Inghilterra durante gli anni 70′ e 80′, periodo dei drammatici attriti con l’Irlanda del Nord che voleva unirsi all’Irlanda. La storia di Bobby Sands, morto in prigione nel 1981 all’età di 27 è emblematica. Bobbi Sands decise, nel 1981, dopo essere stato più volte incarcerato senza processo, e dopo 4 anni di torture e sevizie in carcere, insieme ad altri detenuti, di fare lo sciopero della fame per ottenere lo status di prigioniero politico. Tra le sevizie subite, per punizione dopo una rivolta, fu tenuto nudo quindici giorni e costretto a digiunare un giorno ogni tre. Ma tutte le volte che usciva di cella, anche solo per andare in bagno, erano botte, così, tanto per. Al punto che i detenuti iniziarono a fare i propri bisogni in cella, per terra e sui muri, per evitare quelle percosse. Gli inglesi, negli anni ’80, prendevano i militanti nordirlandesi, e li incarceravano anche quando erano solo sospettati di terrorismo, senza processo, grazie a delle leggi speciali create per l’occasione. In carcere, come racconta bene il film “Nel nome del Padre”, dove viene incarcerato senza motivo anche l’onesto e mite genitore di uno scapestrato giovanotto, i detenuti venivano sottoposti a continue torture e sevizie. Certo, i cattolici nordirlandesi non andavano per il sottile. Le bombe si susseguivano una dietro l’altra e il sangue scorreva a fiumi, in quella che si può considerare come una guerra civile tra i cattolici e i protestanti. E pensare che oggi, dopo pochi decenni da quegli avvenimenti, sentiamo ripetere che il terrorismo è una roba tipica dell’Islam. In realtà, allora come oggi, dietro la religione si nascondeva uno scontro che aveva origini nella prevaricazione dei protestanti di origine inglese, nei confronti degli irlandesi “autoctoni”, ai quali erano state sottratte, nell’800, le terre migliori e generato una situazione sociale che con il tempo si era sclerotizzata in due distinte classi sociali, l’una privilegiata e l’altra sottomessa. Una sorta di colonialismo tutto interno all’Europa, insomma, ma con accenti di reazione e di violenza, da parte del governo inglese, tali da far ricordare le stragi, i genocidi, le torture, lo sfruttamento, le ingiustizie che il colonialismo europeo ha portato in giro per il mondo per secoli, e di cui ancora ne paghiamo le conseguenze in termini di povertà e di disordine nel mondo. Ma quello era, come dire, un colonialismo lontano. Questo invece era alle porte di casa. Di fronte al terrorismo cattolico, il governo inglese mostrò il pugno di ferro, andando ben oltre ogni regola del diritto democratico e del garantismo. Qualcuno dei politici catalani aspira, tuttavia, al modello Kosovo, favorito nella sua indipendenza dall’Unione Europea. Negli anni ’90, alle porte di casa nostra, si scatenò una guerra efferata e cruenta. L’ex Jugoslavia collassò completamente, tra le carneficine, le violenze, e i bombardamenti dei paesi occidentali intervenuti, frantumandosi in una miriade di stati, un po’ come l’Urss dopo il suo crollo. Ma c’è una differenza fondamentale: al centro del mondo, all’occidente ricco, faceva comodo la disgregazione dello “stato canaglia” Jugoslavia, come ha fatto comodo la disgregazione dell’Urss e la devastazione degli altri vari “stati canaglia”, come Libia, Siria, Iraq, Afghanistan e si spera, prima o poi, la Corea del Nord. Per la Catalogna è un po’ diverso. Nessuna potenza occidentale europea ha interesse a creare dei precedenti che poi potrebbero ritorcersi contro. Le singole potenze europee non cederanno un solo metro del loro suolo patrio. Come spiega bene Amir Samin, gli Europei hanno considerato il genocidio nazista nei confronti degli ebrei una aberrazione, un fatto drammatico ma unico, da ricordare per la sua unicità a imperitura memoria. E’ una mistificazione. Il genocidio nazista altro non è che una tipica caratteristica che gli europei hanno ripetuto in giro per il pianeta, con la sola differenza che, una volta tanto, quel comportamento ripetuto è accaduto in casa. Il genocidio è la norma per gli europei, lo hanno esportato sin dai tempi delle prime colonizzazioni nelle due Americhe, portando alla scomparsa di interi popoli, replicato poi in Australia e infine in Africa, con modalità diverse, data l’utilità dello sfruttamento della forza lavoro. Infine l’Asia, l’immensa Asia, culla delle più grandi civiltà del pianeta, non è rimasta indenne dalle devastazioni, dalle distruzioni e dalla morte portata dagli europei. Il genocidio non è una esclusiva europea, ovviamente. E’ connaturata alla specie umana. Ma gli Europei lo hanno esportato in maniera sistematica in tutto il mondo, fingendo poi, ipocritamente, quando compare un rigurgito di violenza in casa, di impressionarsi di fronte a quella aberrazione. Questa è la storia. Oserei dire, questa è la grammatica della storia, nuda e cruda, e spietata nella sua sincerità, tanto da far venire voglia di ignorarla, di non vederla. Nessuna nazione europea, men che meno una potenza come la Spagna, si priverà di una sua parte, di un suo pezzo, come un uomo non si priverà mai di un suo braccio. La storia ce lo spiega molto bene. La Catalogna, se vorrà lottare per l’indipendenza, dovrà essere pronta a tutto, anche a vedere la ricca ed allegra Barcellona trasformata nella squallida e devastata Belfast degli anni ’80. Per non parlare di Sarajevo. Si spera, ovviamente, che la ragione nel 2017 prevalga, e che la crisi si possa risolvere nel migliore dei modi per tutti. Ma i precedenti non fanno ben sperare.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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