Dietro ai numeri di cui il governo mena vanto non c’è proprio nulla di cui vantarsi.
Partiamo dalla fine: il Governo Renzi, la Ministra Giannini e la riforma de La Buona Scuola non hanno alcun merito circa la recente stabilizzazione dei precari. E’ fastidiosissimo sentir affermare, soprattutto da chi non ha la minima idea di come avvenga il reclutamento dei precari, con spudorata sicumera: “Nessun docente sardo ha dovuto spostarsi per l’immissione in ruolo. Avete visto che La Riforma non era poi tanto male?”
Affermazione, questa, che è una clamorosa stronzata per due ordini di motivi:
1) Le immissioni in ruolo sono un aspetto quasi marginale della Riforma, che invece prevede ben altre operazioni che su ben altri versanti superano i limiti della decenza; 2) Le recenti assunzioni sarebbero state le stesse con qualsiasi altro governo, anche senza il ddl in questione. E, anzi, forse sarebbero state anche di più.
Per spiegare l’improponibilità dei millantati meriti di questa Riforma è necessario fare un passo indietro.
Fino a ieri i precari aspiranti al passaggio in ruolo facevano capo a due graduatorie differenti e per la loro immissione si attingeva al 50% dalla I fascia e al 50% dalla II.
Ma il Ministero dell’Istruzione, nelle operazioni di reclutamento dei docenti indirizzati al ruolo, ha sempre cercato di ridurre al minimo la sostituzione di quelli andati in pensione trasformando le cattedre vacanti, idonee per la stipula di contratti a tempo indeterminato, in supplenze annuali. Perché lo faceva? E’ evidente che per il Ministero del Tesoro uno stipendio che subisce uno stop nei mesi estivi sia più conveniente rispetto agli emolumenti versati senza soluzione di continuità. Moltiplichiamo il risparmio per migliaia di retribuzioni e la cosa, ai fini dell’economia dello Stato, assume proporzioni interessanti. Un po’ meno per i diritti dei lavoratori.
Poi arriva il ddl La Buona Scuola e cosa accade?
Mette in piedi una procedura a dir poco farraginosa e suddivide le operazioni di reclutamento, ed i precari, in 4 fasi corrispondenti ad altrettante graduatorie.
Fase Zero e Fase A che non sono dissimili dalle vecchie fasce I e II ante riforma.
E arriviamo alla Fase B, che è quella dove interviene pesantemente La Buona Scuola e che prevede una serie di devastanti novità. La più assurda riguarda la trasformazione, repentina e arbitraria, di una graduatoria che prima era su base provinciale improvvisamente convertita e trasportata su base nazionale. Cambiando quindi le regole in corso d’opera hanno costretto i docenti a produrre domanda ed elencare 100 sedi di destinazione a livello NAZIONALE. Molti di questi hanno rinunciato, ça va sans dire.
La Fase C prevede il reclutamento per il potenziamento dell’organico e il discorso si fa noioso e settoriale e prende in esame le varie classi di concorso.
Ma veniamo al dunque… I precari che sono stati appena stabilizzati appartenevano alla Fase Zero e alla Fase A e sarebbero passati di ruolo comunque, anche senza La Riforma.
La mole di contratti a tempo indeterminato che Renzi, e i suoi discepoli, strumentalmente attribuiscono alle loro manovre altro non sono che il risultato dei ricorsi, fatti dall’Anief (Associazione Nazionale Insegnanti e Formatori, n.d.r.) alla Corte Europea per quelle vecchie cattedre idonee al ruolo e affidate, invece, a supplenti. In ragione del risparmio sugli stipendi estivi summenzionati.
Dopo quei ricorsi la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha ritenuto importante prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato e ha imposto agli Stati membri di assumere a tempo indeterminato i docenti precari aventi diritto, stabilendo anche una misura sanzionatoria che dev’essere applicata in caso di supplenze reiterate. (I dettagli qui).
Pertanto i numeri delle immissioni in ruolo non sono un valore emerso dell’operato di Renzi, né La Buona Scuola ha il minimo merito in termini di lotta al precariato e derivano, invece, esclusivamente da una misura coercitiva imposta dall’Europa. Ordunque il PD in generale, e Renzi in particolare, dovrà trovare altri stratagemmi per ammantare di virtù le proprie azioni. La spasmodica ricerca di clamorosi effetti mediatici non basta più.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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