“La buona scuola siamo noi” recita uno degli striscioni più esibiti dagli insegnanti in questi mesi di sofferta protesta, dopo la presentazione dell’omonimo documento che con perfetto stile renziano è stato divulgato presso tutti i canali tranne quelli interessati, appunto quelli delle aule scolastiche.
Da circa vent’anni, infatti, a partire dai disegni Berlinguer e Moratti, prima ancora che Renzi presentasse il suo pamphlet patinato, nel mondo della scuola c’è sempre stata la consapevolezza che prima ancora delle Riforme calate dall’alto si dovesse pensare alla valorizzazione di quelle esistenti, fra tutte il tanto vituperato capitale umano rappresentato dal corpo docente.
E invece, presentato il 15 settembre scorso come una bozza di documento programmatico, da subito, più che sulle riforme da attuare il documento renziano ha brillato per le false, e pretestuose rivoluzioni proposte.
In primo luogo, il fatto di aver affermato di voler assumere con “un piano straordinario” entro il settembre 2015 tutti i precari storici e i vincitori e gli idonei dell’ultimo Concorso (in quest’ordine capovolto…), in tutto quasi 150.000 docenti, risolvendo così un problema che si trascinava da decenni, quello del precariato, e assumendosi, dunque, implicitamente il merito di questa svolta epocale, appariva quanto meno propagandistico, viste le scadenze già previste dalla legge, come i pensionamenti, o i ricorsi in sede europea ai quali il governo era tenuto a prestare ascolto. Il tutto veniva condito con una cifra di stanziamento che si aggirava per la sua Buona Scuola pubblica e privata (la Costituzione ammette finanziamenti alle scuole private?) attorno ai 4 miliardi di euro, mentre secondo diversi Istituti di ricerca la cifra necessaria sarebbe stata di almeno 17 miliardi.
Ebbene, soltanto sei mesi dopo, in una sola notte, il documento falsamente sottoposto alla categoria interessata, quella degli insegnanti, attraverso un referendum telematico, veniva stravolto e, paradossalmente, proprio l’unico aspetto soddisfacente, benché scontato, di questa sorta di carta costituzionale della scuola veniva eliminato. Con un colpo di mano, poche ore prima della presentazione del disegno di legge. Parliamo dell’esclusione dall’assunzione degli idonei al Concorso del 2012 che, insieme ai supplenti di ultima fascia che avessero lavorato per 36 mesi continuativi e alla maggior parte dei cosiddetti precari storici, della cosiddetta seconda fascia, sarebbero dovuti essere inclusi con decreto legge già una settimana prima.
In poche ore, il numero di posti dei docenti da assumere calava a 100.000 unità e quello dei neoimmessi a Settembre a 50.000 e d’un tratto la tanto sbandierata promessa di 150mila assunzioni a settembre è apparsa il cavallo di Troia per altri provvedimenti antipopolari se non anticostituzionali come il potere forte dei Dirigenti o le Deleghe al Governo sulla didattica che il Capo del Governo voleva far passare dall’inizio e che ora non avevano più bisogno dell’ariete demagogico delle assunzioni per poterlo fare.
In un colpo solo una norma consolidata da decenni in Italia, oltre che presente nel Testo Unico di Legge, secondo cui nell’assunzione del personale della scuola si deve privilegiare il cosiddetto doppio canale, facendo cioè entrare alternativamente un idoneo per merito e un candidato presente nelle graduatorie di anzianità, era stata laconicamente disattesa.
E il merito tanto sbandierato da Renzi? Sparito, appunto.
Come sparito, questo merito, lo è da un altro dei capisaldi del primo documento renziano, quello della gestione e della valorizzazione del personale docente, che è passata dal controllo del Dirigente alla tirannia del Dirigente, visto che secondo il disegno di legge che ne è derivato, l’ex Preside potrà nominare direttamente i collaboratori, in barba al Collegio dei Docenti, ma anche stabilire i ruoli e la stessa collocazione dell’intero personale secondo criteri quanto meno oscuri.
E’ il modello della scuola-azienda tanto caro al capo del Pd, lo sappiamo. E la Sinistra, di quello stesso Pd, che fa? Bersani e Fassina ne lodano la spinta propulsiva, anche se quest’ultimo vorrebbe discutere almeno il potere dei Presidi e le norme sulle assunzioni.
Il resto? Follie, come la devoluzione del 5xmille alle Paritarie, in sfregio alla Costituzione o la concessione di 500 euro (sic!) ai docenti meritevoli, sui soliti oscuri criteri determinati dai Dirigenti…
Ora, dopo la coraggiosa ed energica reazione delle forze democratiche del 5 maggio, quando l’80% degli insegnanti è sceso in Piazza per chiedere più coinvolgimento nella scuola che quegli stessi insegnanti vivono quotidianamente, si spera che il Leader del Governo, magari convinto dalle forze ancora vive e pensanti del Partito, ponga quei correttivi che permettano alla scuola italiana di sentirsi ancora legittima e viva.
Se si userà la ragione e non la presunzione d’autorità o peggio ancora oscuri calcoli bizantini, saremo ancora in tempo, altrimenti, a giorni, potremo definitivamente celebrare i funerali della Scuola pubblica in Italia.
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