In fondo è una partita di calcio e Gigi Buffon fa parte di quello che tutti dipingono come un gioco, forse inutile, forse vacuo, forse pieno di contraddizioni ma, appunto, un gioco. Definirlo eroe è sbagliato e non è neppure da santificare. Però a me il mestiere di portiere mi è sempre piaciuto. Dai tempi di Albertosi e Reginato passando per Cudicini, Sarti, Zenga. Il portiere è quello che molte volte determina il risultato nel bene o nel male. E’ quello che gioisce solitario, l’unico che può usare le mani in un gioco dove sono i piedi a comandare. E’ una vera e propria contraddizione bellissima, irraggiungibile e inenarrabile se non con una narrazione dentro un pentagramma diverso. Gigi Buffon ha rappresentato la Juventus che vince – e molto – all’interno delle mura amiche e ha, invece, incarnato la Juve che perde – o comunque non vince le coppe – in campo inernazionale. Però, come ci ricordava Chiellini, la Juve le finali le perde perché comunque ci arriva. Gigi Buffon si è portato a casa oltre venti trofei, compreso quello di campione del mondo. Avrebbe meritato il pallone d’oro ma ai portieri non è concesso. SI ricordano i gol e mai le parate. E’ un mestiere complesso, oneroso. Fare il portiere è come essere l’ultimo degli ultimi, il traguardo che si raggiunge o che, grazie al portiere, si fallisce. Come quando si calcia il rigore. E Buffon vede il pallone da un’altra prospettiva: quella della sopravvivenza. Non sono juventino ed è per questo, probabilmente, che questo piccolo omaggio al portiere Gigi Buffon potrà essere apprezzato per quello che esprime: semplicemente un grazie per esserci stato e per aver coltivato un sogno. Condividerlo con altri è sempre apprezzabile. Ha vinto tanto Buffon, ha vinto dentro il recinto dello sport. Lo aspettano altre sfide, altri campi, altri rettangoli da difendere. Però alcune parate sono state davvero bellissime. Da Buffon. Grazie per quelle emozioni anche se, a volte, speravo che quella palla potesse entrare nella sua rete. Ma essere Buffon non è semplice. Ed è questo il bello del calcio.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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