Che strani gli arzigogoli della macchina del tempo. Questo inizio d’anno mi portano sino a un biglietto di auguri che ricevetti un mucchio di tempo fa proprio il 2 gennaio e che mi fece piacere, anche se un “Caro Cosimo” scritto a penna accanto a un testo prestampato (lo rivedo adesso: l’ho conservato) mi fa pensare a uno di quegli SMS che si usano ora, dove scrivi “Auguri” e poi ordini al telefonino di mandarli a tutta la tua rubrica. Però, insomma, allora il rabbino Elio Toaff si era almeno preso il disturbo di personalizzare il biglietto e ciò bastò a inorgoglirmi. L’avevo conosciuto qualche mese prima durante una sua visita all’università di Sassari che seguii come cronista. Era uno la cui la storia mi affascinava e conoscendolo ebbi conferma che era uno tosto, molto tosto. Cominciai a provocarlo chiedendogli se secondo lui l’assenza dei massimi esponenti della chiesa cattolica locale ad accogliere il più importante rappresentante dell’ebraismo italiano, avesse un significato: “Secondo lei è un’assenza che esprime un disaccordo verso il processo di conciliazione avviato da Roma?”. Mi fulminò con un’occhiata che voleva dire: ragazzino, ma tu a me vuoi fottere? E poi mi rispose con il suo musicale accento di base toscana con superfetazioni trasteverine: “Se certe cose non le sa lei, che è di qui, come posso saperle io che vengo, come dite voi, dal Continente? Se ne è sicuro, lo scriva e se ne assuma la responsabilità. Ma se non ne è sicuro, non cerchi di farlo dire a me”. Infatti non ne ero sicuro e mi trovai davanti a lui in mutande. Anzi, in tanga. Anche se i tanga ancora non esistevano. Però poi, durante la giornata, recuperammo un buon rapporto e stetti a sentire per ore e ore i suoi aneddoti che raccontavano una storia d’Italia vissuta da un grande e coraggioso italiano, questioni teologiche enunciate con la levità di un grande teologo, i problemi dell’integrazione spiegati con la determinazione di un grande leader. E anche una barzelletta. Che è ciò a cui dedico questa macchina del tempo e il mio ricordo di Elio Toaff. Accadde che, riottenuto un buon rapporto, non resistetti alla tentazione di fare ancora il provocatore di provincia e gli chiesi se conoscesse barzellette sugli ebrei. Non esitò un attimo e, con postura attoriale, cominciò a dire. -La sa quella del vecchio patriarca Samuele morente attorniato dalla sua famiglia? -No. -Bene. Allora il vecchio Samuele si riscuote dal torpore della morte che già comincia a ghermirlo, apre gli occhi, si guarda intorno e chiede: “Beniamino, tu, il mio forte primogenito, se qui vicino a me?”. Beniamino fa un passo in avanti: “Sì, padre, sono qui”. Samuele solleva la mano tremula per accarezzarlo e poi chiede: “E tu, Zaccaria, il mio fiero e diligente secondogenito, sei qui vicino a me?”. Zaccaria singhiozzando cade in ginocchio accanto al letto e cosparge di lacrime le mani del padre. Il vecchio sorride triste e ancora chiede: “E tu, Giuda, il più svagato, che vivi nel tuo mondo di sogno, sei venuto per vedere morire il tuo vecchio padre?”. Giuda abbraccia Samuele: “Padre, vorrei morire insieme a te”. “No, mio buon Giuda, ciascuno ha un momento scritto dal Signore… E tu, mia piccola Deborah, l’ultimo dono che il cielo ha dato a me e alla mia buona moglie, hai lasciato le tue occupazioni giovanili per salutare il tuo vecchio abba (vuol dire papà in ebraico, mi spiegò Toaff)?”. E Deborah commossa poggia il capo sul petto di Samuele che ansima sempre più debolmente. Il patriarca infine mormora: “E tu, Ester, la mia brava sposa, la madre dei miei figli, sei qui con me?”. “Per sempre, marito mio”, risponde Ester con trasporto. Il vecchio Samuele allora si guarda ancora intorno e con l’ultimo filo di voce chiede: “Ma se siete tutti qui, chi cazzo c’è in negozio stamattina?”. Ecco, voi immaginatevi cosa sia sentire una cosa così da un vero patriarca, da un capo religioso e politico, da uno disposto ogni minuto della sua vita a rischiare la pelle per difendere la sua libertà e quella del suo prossimo. Una comicità irresistibile. Che mi fece tra l’altro ragionare sul fatto che il vero umorismo è l’autoironia, anche quando si basa su luoghi comuni, come questo dell’attenzione smodata degli ebrei ai loro affari. Provate a pensare alla stessa barzelletta raccontata da un nazista, avrebbe suscitato ribrezzo e non risate. Glielo dissi e lui mi citò Woody Allen, Zweig e Salinger, dei quali parlammo a lungo. Ed entrammo tanto in confidenza che alla fine si azzardò a chiedermi -Ma lei che cosa pensa di quella domanda che mi ha fatto all’inizio e che io ho respinto al mittente? -Non saprei dire, non ho le prove per dire che siano assenze volute. -Meglio così. Arriveranno tempi sempre più brutti ed è meglio che i credenti stiano uniti piuttosto che divisi. Per la terza volta tentai di provocarlo e gli dissi con una certa spavalda sfacciataggine -Io sono ateo! Mi guardò come un sassarese guarderebbe qualcuno che per impressionarlo gli dicesse “Cazzo!”. Il sassarese direbbe “Sì, vabbé, e poi?”. Non era certo una malconcia professione di ateismo che poteva turbare Elio Toaff, che si limitò a sorridere intendendo “Se non hai niente di più interessante da dirmi quasi quasi è ora che io vada a riposare e che tu ti levi dalle balle”. E fu per questo che ricevere quel bigliettino d’auguri, con quel “Caro Cosimo” che gli dava una parvenza di affettuosa sincerità, mi fece un piacere che ancora si prolunga in questo 2017.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
3 ottobre 2013: la strage di Lampedusa (di Giampaolo Cassitta)
Il prete e il povero (di Cosimo Filigheddu)
Una modesta proposta (di Cosimo Filigheddu)
La mia ora di libertà (di Giampaolo Cassitta)
A vent’anni si è stupidi davvero. A 80 no. (di giampaolo Cassitta)
La musica ai tempi del corona virus: innocenti evasioni per l’anno che verrà. (di Giampaolo Cassitta)
Guarderò Sanremo. E allora? (di Giampaolo Cassitta)
Quel gran genio di Lucio Battisti (di Giampaolo Cassitta)
Capri d’agosto (di Roberta Pietrasanta)
Il caporalato, il caporale e i protettori (di Mimmia Fresu)
Marshmallow alla dopamina (di Rossella Dettori)
377 paesi vivibili (di Roberto Virdis)
Per i capelli che portiam (di Mimmia Fresu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 17.704 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design