Se oggi fossi stato ancora al lavoro avrei dovuto eseguire l’ordine di mettere, nell’ufficio, la bandiera a mezz’asta in segno di lutto nazionale per la morte di Silvio Berlusconi. Una decisone divisiva, destinata a creare discussioni e non rappresentativa del sentire comune. I funerali di Stato sono regolati da norme precise e, in quanto ex Presidente del Consiglio, per Berlusconi erano una scelta naturale e obbligata. Ma il lutto nazionale rappresenta un passaggio politico. E sbagliato. Quella bandiera che rende gli onori ai caduti dovrebbe essere ammainata ogni qualvolta muore una persona sul lavoro o compiendo il proprio dovere. Da uomo di Stato (anche se in pensione non si perde questo bellissimo vizio) avrei dato l’ordine all’Ispettore di seguire il protocollo. Con la morte negli occhi e nell’anima, convinto che questa è una scelta sbagliata. Potevo rifiutarmi? No. Non potevo e non l’avrei fatto. Potevo dissentire? No, non è contemplato. Quella bandiera avrebbe rappresentato, per me che ho conosciuto all’Asinara Falcone e Borsellino una sconfitta. Berlusconi poteva fare a meno di questo lutto. E, forse, avrebbe giovato a rasserenare il clima. Se oggi fossi stato ancora al lavoro avrei dovuto eseguire un ordine da me ritenuto sbagliato e sproporzionato. Per fortuna che dalla mia terrazza sul mare le bandiere non ci sono. Solo l’orizzonte a raccontarmi che domani è un altro giorno. Si vedrà? Spero e credo proprio di si. Nonostante il lutto, nonostante Silvio, nonostante le divisioni.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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