Era una domenica dell’estate 1981 e avevo dieci anni. La mia tribù di familiari e amici si era installata sotto tre ombrelloni conficcati nella spiaggia alla sinistra del molo di Laconia, all’estremità del golfo di Cannigione. Anche noi, come tutto il resto della comunità balneare, guardavamo verso la sponda opposta dell’insenatura, sul litorale di Baja Sardinia.
Tutta una fila di gente in mutande con lo sguardo teso al lato opposto del mare, perché in mezzo al mare c’era la barca più grande che avessimo mai visto. Dopo varie insistenze ottenni da babbo il binocolo, per poter meglio esaminare il palazzo galleggiante con una vistosa scritta dorata sul fianco. Attraverso le lenti riuscii a leggerla: Nabila, si chiamava lo yacht. Poco sopra la scritta, posato sul tetto della barca, riposava un elicottero. Eravamo tutti a bocca aperta dallo stupore.
Adriana, un’amica di qualche anno più grande di me, spiegò a tutti noi che era la barca di uno sceicco. Ma io, che non sapevo cosa fosse uno sceicco e che manco allora ero tanto sveglio, capii che era la barca di uno “sceriffo”.
Mi sembrò strano, perché dai film western avevo sempre ricavato l’idea di uomini della legge dalle modeste risorse, segregati in tuguri polverosi. Come poteva, uno sceriffo, essere così ricco da potersi permettere una nave come quella?
Ma non c’era motivo di dubitare, perché Adriana aveva quindici anni e una di quindici anni non poteva sbagliare.
Così andai a dire in giro a tutti quelli che conoscevo che la barca era di uno sceriffo e in breve la fallace convinzione si diffuse per tutta la spiaggia, autorizzando le più fantasiose congetture: “Magari fa lo sceriffo in qualche contea dove hanno trovato il petrolio”, commentò un continentale, avvicinandosi involontariamente alla verità. Il chiacchiericcio proseguì anche quando dal Nabila tirarono l’ancora a bordo per tornare alla Marina di Porto Cervo, dopo il panfilo trascorse quelle notti di trentasei anni fa.
Il “Nabila” era lo yacht del saudita Adnan Kashoggi, petroliere e uomo dai non sempre limpidi affari, morto poche ore fa dopo una vita sfarzosa e rocambolesca. Per anni venne considerato l’uomo più ricco del mondo.
Comunque, tornando a quell’estate del 1981, la permanenza di Kashoggi in Costa Smeralda venne seguita passo passo dai reporter e ancora oggi la si ricorda. Anche se avevo dieci anni, leggevo ogni riga del quotidiano che babbo portava a casa. E così mi ricordo di un pezzo fitto di illazioni sulla serata che il quarantasettenne Kashoggi si diceva avesse trascorso con la già disinvolta Lory Del Santo, ai tempi poco più che ventenne. Ricordo la descrizione degli interni della barca, in particolare la rubinetteria in oro massiccio di cui si favoleggiava fossero dotate le toilette. La più ghiotta, tra le notizie del pezzo, era il diamante da cento e passa milioni di lire che Kashoggi pare avesse regalato alla ambiziosa soubrette, per ringraziarla della visita a bordo.
Mentre leggevo, maturavo l’idea di un cedimento inaccettabile: “Ma come cazzo si permette, uno sceriffo, di regalare un gioiello così costoso ad una donna?” Lo sceriffo doveva essere un uomo rude, dalla vita spartana, dalle abitudini essenziali: questo mi sembrava tutto l’opposto.
E poi, non avendo ancora ben capito come funzionava il mondo, questo interesse per una donna mi sembrava un segno di debolezza, oltreché incomprensibile. Non potevo neppure concepire che uno sceriffo, anziché massacrare indiani feroci per i canyon del west, andasse in giro per il mondo su una mastodontica barca da 81 metri, con in più l’elicottero sul tetto. Oggi anche il più pezzente tra gli emiri di Porto Cervo ha uno yacht lungo quanto un campo da calcio, ma allora un 81 metri era davvero una cosa mai vista, sensazionale. Alcuni amici tedeschi, una sera a cena, spiegarono la loro incredulità davanti al Nabila illuminato a festa, al molo di Porto Cervo. Frammenti di stupore che mi sono rimasti impigliati nella memoria.
Ci misi qualche anno a capire cosa fosse uno sceicco. Ma per me Kashoggi non lo è mai stato. Così, quando ieri mi hanno detto che era morto, ho risposto: “Ma chi, lo sceriffo?”
Ps. Il Nabila, alla fine degli anni ottanta, venne venduto e acquistato in tutta la sua pacchiana magnificenza da un uomo d’affari americano. Si chiamava Donald Trump.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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