Accidenti, se questa non è un’epoca di passaggio significa che proprio ignoro il significato del concetto. Ieri mattina leggo su Huffington un autorevole opinionista secondo cui l’inevitabile e prossima fine di Trump è un impeachment. La cosa mi consola, evidentemente gli americani sono pentiti e preoccupati. Ma ieri sera arrivano i risultati di un sondaggio Reuters-Ipsos dal quale risulta che la maggioranza a stelle e strisce è con lui. E sulla questione del bando anti musulmano ha dalla sua anche molti democratici. E siccome questa è la macchina del tempo, trovo un mucchio di riferimenti storici datati 2 febbraio, neppure presi tanto per i capelli. Quello che mi preoccupa di più con le sue oscure suggestioni è il 2 febbraio del 1933, quando Hitler, appena legittimamente nominato cancelliere dal presidente in seguito a elezioni, scioglie il parlamento. Anche nella Germania di Weimar, come nell’Italia di undici anni prima all’avvento del Fascismo, c’era una sinistra divisa dove comunisti e socialdemocratici si combattevano tra loro più di quanto, insieme, riuscissero a combattere i nazisti. E ora questa sinistra europea che arretra davanti all’internazionale fascio-populista mi ricorda molto quei tempi. La sinistra italiana, in particolare, dove le conquiste di posti percentualmente chiave nelle future coalizioni è il più alto pensiero politico di un’area dove un tempo si batteva il ferro caldo della democrazia, dell’emancipazione di classe e dell’Europa. E’ di un anno prima un 2 febbraio un po’ più consolatorio, quello in cui Al Capone finisce materialmente in galera. C’è voluta la scusa dell’evasione fiscale, pur con tutte le stragi compiute dal mafioso. Che una scusa non è poi tanto, visto che fuori dall’Italia l’evasione fiscale non è roba da trattare a gusci di lumache, come da noi dove i principali produttori di latte per il Governo di turno sono i dipendenti e i pensionati. Insomma, in quegli inizi di anni Trenta l’America decide di ribellarsi al mafioso che manovra il potere e lo ficca dentro, dimostrandogli che quei talk and badge di cui credeva che il suo accusatore fosse fatto non erano poi tanto chiacchiere vuote e un distintivo appeso a niente. Della strepitosa scena degli Intoccabili di De Palma che rievoco con questo “chiacchiere e distintivo” mi impressiona però l’altro urlo disperato di Al Capone, anche questo credo vero, cioè pescato dallo sceneggiatore negli atti del processo. Quando cioè il gangster grida al giudice: “Che cosa penserà il popolo di tutto questo?”. Già, il popolo. Quello che il gangster sanguinario pensava di avere dalla sua. E forse per molto tempo lo aveva avuto davvero. E ancora più indietro, addirittura al 2 febbraio del 1848: il trattato di Guadalupe Hidalgo, la fine della guerra tra Stati Uniti e Messico con il passaggio di numerosi territori agli Usa e l’inizio per il Messico di una umiliazione che ancora dura, tra alti e bassi, rinfocolata nei giorni scorsi dal muro di cui i messicani dovrebbero per di più pagare le spese. Era un conflitto che aveva le radici nella guerra di indipendenza del Texas, conclusa nel 1836. Quella dell’assedio di Alamo, divenuto un simbolo fondativo americano. Falso come Giuda, come la maggior parte dei miti fondativi. Uno dei principali motivi per i quali il Texas si voleva emancipare dal Messico è perché questo stato aveva abolito la schiavitù, cosa che economicamente e culturalmente ai texani non faceva piacere. E pensando a cose come queste, nei giorni scorsi, quando ho letto del muro sbattuto in faccia agli americani e ai messicani e a tutto il mondo come narcisistico esempio di folle coerenza, ho pensato ad Alamo, quello taroccato di John Wayne , e mi è venuto da pensare: “Fottiti, John. Arriba el general Santana”.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.012 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design