Le Sliding doors. Esci da una porta per un verso e la vita assume una certa direzione, ne esci per un altro verso e tutto cambia.
L’altro giorno ho saputo che Carla Ciavarella a breve lascerà la Sardegna e andrà a lavorare a Roma. In un turbinoso avvicendarsi di abbinamenti mentali sono approdato al film Sliding doors con Gwyneth Paltrow, poi ad una canzone ed una videoclip che mi accompagnano da quando ero un ragazzo: Rise dei Public Image Limited, cantata da un John Lydon (quello dei Sex Pistols) con gli occhi sbarrati da pazzoide.
Carla Ciavarella è la direttrice delle carceri di Nuchis e di Badu ‘e Carros. La conosco poco, quanto basta per doverle ammirazione. Ci siamo incontrati qualche volta e pochi mesi fa ha concesso anche un’intervista esclusiva a Sardegnablogger, sul caso di un ergastolano cui era stato permesso di lavorare fuori dall’istituto di pena. Sempre a lottare contro pregiudizi e ignoranza, la Ciavarella, con la fierezza di chi crede nell’essere umano e nella sua capacità di redimersi.
La prima volta che l’ho incontrata fu proprio al carcere di Nuchis. Mi ci portò Emiliano Deiana, i detenuti facevano uno spettacolo e con alcuni di loro mi soffermai lungamente a chiacchierare. Fu un’esperienza così forte che non riuscii a scriverci neppure una sillaba. Carla venne anche al primo reading di Sardegnablogger, un anno e mezzo fa, quindi la incontrai nuovamente in carcere, in occasione di un corso di formazione professionale per giornalisti.
Tenne un discorso e parlò di quando, giovanissima direttrice, si trovò assegnata ad un carcere femminile, se non ricordo male in Veneto. Raccontò del suo rapporto con detenute che avevano la sua stessa età e nelle celle, appesi, i poster dei cantanti per i quali anche lei stravedeva. Ma poi capì che non solo i gusti musicali ma anche le sue aspirazioni, i suoi sogni, le sue paure non erano molto diverse da quelli delle ragazze chiuse dentro un tugurio con le sbarre, sotto la sua responsabilità di donna di legge.
Carla Ciavarella si sentiva morire, quando usciva dall’istituto, forse pensando alla casualità dei nostri destini. Ed ecco perché mi è venuta in mente Rise dei Pil di John Lydon, anno 1986. È un testo contro l’apartheid, che in quegli anni ottanta era ancora in vigore in Sudafrica, sono parole sulle casualità dei nostri destini.
I could be wrong I could be right I could be wrong
I could be wrong I could be right I could be black I could be white
Potevo essere sbagliato o giusto, bianco o nero, cantavano i Pil. Forse lo è tutta la nostra vita. Si può entrare dalla porta sbagliata, oppure mancare quella che si credeva essere la porta giusta.
Prendete John Lydon, sempre lui. Il 21 dicembre del 1988 mancò una porta, quella che lo avrebbe dovuto portare assieme alla moglie Nora sull’aereo Pan Am diretto da Londra a New York. Arrivò in ritardo e perse il volo. Dopo un’ora, quell’aereo si schiantò sulla cittadina di Lockerbie, abbattuto da una bomba nascosta a bordo. Morirono 270 persone.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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