Anni fa scrissi su queste pagine un post intitolato “La sindrome del sardo uscito”. Parlavo di quei sardi che dicono ad altri sardi come ci si deve comportare per far progredire la nostra terra, come si potrebbe vivere meglio in Sardegna, cosa sbagliano e cosa ignorano gli altri sardi.
Attenzione: questi dispensatori di saggezza non sono sardi comuni, ma sono sardi che magari vivono da decenni lontano dalla Sardegna e si sono stabiliti in luoghi a migliaia di chilometri senza peraltro serie intenzioni di tornare nell’Isola, se non per i bagni estivi.
Ricordo che il pezzo sollevò un certo dibattito e ne ebbi delle critiche così violente da indurmi, per un periodo, ad astenermi da ogni opinione, tanto ne ero rimasto ferito.
Da qualche giorno mi sto godendo su Prime Tv una serie televisiva davvero interessante, istruttiva e persino avvincente.
Si intitola Fattoria Clarkson e racconta in otto episodi l’iniziativa imprenditoriale di Jeremy Clarkson, un giornalista britannico di fama mondiale. Per intenderci, è quell’omone alto quasi due metri dalla criniera disordinata che conduce la trasmissione Top Gear, testo sacro per gli amanti di fuoriserie e auto sportive.
Clarkson è andato in pensione e si è ricordato di aver acquistato, nel 2008, una ampia tenuta di diverse centinaia di ettari nell’Oxfordshire, a nord di Londra. Fino al 2019, la tenuta veniva amministrata da una sorta di custode che è andato in pensione esattamente nello stesso momento in cui il suo datore di lavoro decideva di godersi i ricchissimi guadagni di una vita da star televisiva.
E così, a quanto lui stesso racconta, Clarkson ha deciso che di quel latifondo si sarebbe occupato in prima persona. Piccolo dettaglio: così come il protagonista sapeva tutto di motori, nulla sapeva di agricoltura, allevamento e vita campestre. Metteteci pure il fatto che Clarkson, conservatore fino al midollo, detesta ogni forma di ambientalismo, movimento che nel racconto viene trattato con sferzante sarcasmo.
La serie è un resoconto dettagliato, crudo e impietoso delle azioni o degli ostacoli che Clarkson ha compiuto e cercato di superare per raggiungere l’obiettivo, cioè creare dal nulla un’azienda agricola e zootecnica senza avere un briciolo di competenza specifiche. L’acquisto di attrezzature agricole, a partire da un trattore Lamborghini, di seminatrici, erpici e pecore.
Il racconto è condito con un superbo umorismo british, al quale contribuiscono Lisa, la compagna di Clarkson, ma soprattutto i due principali collaboratori Charlie e Khaleb, assunti per la bisogna: il primo un compunto consulente agricolo, il secondo un giovanotto appena ventenne proprietario di un fondo confinante.
Lo so cosa state pensando e avete ragione. Non si può lontanamente paragonare l’avvio di un’azienda agricola qualunque con un’impresa nata a favore di telecamere, appartenente ad un multimilionario e peraltro finanziata, nella sua produzione televisiva, dalla Amazon di Jeff Bezos.
Vero, ma ciò non toglie che molte difficoltà incontrate da Clarkson, causate da fattori ambientali, siano le stesse cui va incontro un comune contadino.
E poi ho scoperto una cosa incredibile, che mai avrei immaginato poter apparire al di fuori della Sardegna e dell’Italia: anche nell’evolutissimo Regno Unito esiste tantissima burocrazia, tanta da metterti i bastoni tra le ruote e far imprecare chi fa impresa, così come esistono enti di tutela che ti sequestrano cantieri o ti impediscono di proseguire i lavori, persino se si tratta di interventi di recupero ambientale.
Così accade che Jeremy si veda chiudere d’imperio lo spaccio aziendale che aveva appena aperto il giorno dopo l’inaugurazione, per il semplice fatto che il Comune di Chadlington chiedeva che il tetto della baracca fosse costruito in ardesia e non in lamiera. In realtà, la comunità del piccolo centro non vedeva affatto di buon occhio l’impresa di questo celebre personaggio televisivo, convinta che avrebbe tolto lavoro alle rivendite della gente locale.
Tutte cose che capitano anche da noi, quando apre il negozio “di uno di fuori” o qualche nuovo centro commerciale.
Quando poi il boss si mette in testa di riqualificare una zona incolta, creando dei laghetti per favorire il ripopolamento di alcune specie di volatili, ecco apparire gli emissari di un istituto di salvaguardia in ispezione. I quali emissari, individuati nel terreno un certo tipo di escrementi tipici di una specie animale protetta, hanno intimato a Clarkson di interrompere immediatamente il suo intervento, se non fosse voluto incorrere in una salatissima multa o passare sei mesi al gabbio.
La qual cosa mi ha molto ricordato la polemica sulla gallina ovaiola che interferiva con il cantiere della quattro corsie Olbia-Sassari.
Intervento di riqualificazione che peraltro, essendo stato effettuato con escavatori e trattori, aveva comportato delle minime sofisticazioni al suolo che, se rilevate dagli organi competenti, avrebbero significato vedersi privare degli indennizzi riconosciuti dal governo inglese.
Clarkson ha anche acquistato ottanta pecore e due montoni, dai quali avrebbe ottenuto nella primavera seguente circa 130 agnelli da rivendere al prezzo di 65-70 sterline a capo.
Per seguire il gregge aveva però dovuto assumere una pastora. Quando il contabile Charlie ha tracciato il bilancio economico della prima stagione di allevamento, ha fatto presente a Clarkson che i ricavi non sarebbero neppure bastati a pagare lo stipendio della pastora.
Dov’è che ho già sentito storie del genere?
Io la serie l’ho trovata bellissima e vi invito a vederla.
Tra l’altro, se ne trae la netta sensazione che la Sardegna non sia quel posto in mezzo al nulla dove insistono problemi estranei al resto del mondo. Mi è quasi venuta voglia di chiamare qualche sardo uscito per invitarlo a rivolgere i suoi salvifici consigli a Jeremy Clarkson e alla sua nascente azienda dell’Oxfordshire, osteggiata da burocrazia e mentalità ottusa della gente.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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