La verità è che, al netto di qualche collega che mi segue, voi dentro una scuola non ci mettete piede dal giorno del vostro diploma. Ecco, con la mia rubrica Bad Teacher vi racconterò la scuola. Quella di oggi, non quella che avete frequentato decine di anni fa. Aprirò la porta dell’aula, lasciando che guardiate dentro.
L’idea iniziale era quella di descrivere momenti random del viaggio perché mi sembrava emozionante, ma poi ho pensato che questo sarebbe stato sbagliato. Voglio dire siete persone adulte, siete persone normali, e sapete com’è fatta una stazione: i suoi odori, i colori e i rumori che ci sono. E se io li raccontassi, sarebbe come obbligarvi a guardare coi miei occhi. Invece no. Mi limiterò a scrivere fedelmente brevi stralci di quotidianità scolastica, senza interferenze o giudizi, coi quali costruirete autonomamente la vostra idea di scuola.
Brandelli di un quotidiano fatto di incazzature, di vita, di disperazione, di sfinimento, di entusiasmo, di sconforto e a volte tutto insieme. Di quelli che fanno venire la voglia di combattere contro tutti e altre volte di raggomitolarsi e andare a nascondersi in un ripostiglio chissà dove. Ma anche di attimi nei quali ci si mette a sedere con una tazzina di caffè ben zuccherato in mano e si va avanti per il resto della giornata.
La gente mette al mondo dei figli con mille motivazioni e penso che una di quelle, forse la più prepotente, sia perché i figli nella loro crescita fanno sentire che la vita procede, continua. Un po’ come se, grazie a quei ragazzini, ci mettessimo in viaggio. Su Bad Teacher si viaggerà con loro.
Signori salite in carrozza, si parte.
– Ajò smettila, mongolo! – dice Xxxxxxxxx al compagno di banco. – Scusa come l’hai chiamato? – – È un modo di dire, prof. – – Ecco, sappi che non voglio più sentire una cosa simile. – – Non c’è nulla di male – – Invece ti sbagli di grosso: è male usare le parole a sproposito. So che non l’hai fatto con cattiveria, ma sei abbastanza grande per capire che le parole hanno un peso e utilizzare una patologia per insultare qualcuno è da idioti. E siccome tu idiota non lo sei, fammi la cortesia di stare attento ciò che dici. –
[Lui sorride e fa spallucce. E allora io incalzo…]
– Tu magari sei fortunato perché nella tua famiglia non c’è nessuno affetto dalla sindrome di Down, ma immagina se, ignaro, lo dicessi a qualcuno che ha un parente colpito da quella patologia. Bella gaffe faresti, eh?! –
[Si volta verso il compagno di banco e sottovoce chiede]
– Asco’, ma tu parenti Down c’hai? –
[Mi arrendo, per oggi!]
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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