Siete scandalizzati per il caso Segre? Ma perché, credete ancora al mito degli italiani brava gente? I milioni di like alla bava e sangue sputati ogni giorno non vi hanno convinto che siamo ancora quelli delle leggi razziali italiane del 1938, emanate dal buonuomo Mussolini e firmate dall’innocuo e paterno Vittorio Emanuele, alle quali plaudimmo entusiasti? Ma chi ve l’ha detto che l’Italia accolse fredda e scettica questa rottura con i principi fondamentali dello Stato nato dal Risorgimento e dall’Unità? Credete alle coglionate che ogni tanto politici un po’ ignoranti e un po’ farabutti emettono nelle gabbie da zoo che vengono chiamate talk show? L’Italia accolse entusiastica quelle leggi, additò i negozianti ebrei sperando di fregargli il negozio e i vicini di casa ebrei per vendicarsi di liti condominiali, spiò con gioia maligna l’esclusione dalla scuola di professori e alunni ebrei. Quel popolo, i nostri padri, nonni o bisnonni, quel sangue che ancora ci circola nelle vene, non contestò quella bestiale discriminazione, non si limitò neppure a stare zitta, ma approvò a gran voce. E dopo l’armistizio del ’43, quando i tedeschi iniziarono a comandare in prima persona e cominciarono le deportazioni, allora il consenso si trasformò in vere e proprie denunce fatte da italiani contro italiani, spesso per fregarsi l’appartamento delle famiglie portate in treno verso le camere a gas. E’ una realtà che devi trovare spulciando la storia, perché la divulgazione è stata per anni nelle mani di chi ha voluto nascondere il nostro vero passato. Persino capolavori come “Roma città aperta” di Rossellini, in quelle realistiche scene dei rastrellamenti, fanno apparire cattivi soltanto i tedeschi, mentre gli italiani in fondo proteggono i loro connazionali ebrei. E’ una balla. In quei rastrellamenti i tedeschi erano guidati dalle puntuali informazioni fornite dalle questure e dai vicini di casa. Non crediate al mito di un’Italia come la vorremmo. Non siamo stati e non siamo brava gente. Nei Balcani (l’altro mito degli italiani brave gente), i tedeschi, che come invasori avevano più esperienza di noi, ci invitarono a un certo punto e essere meno crudeli con le popolazioni locali per evitare un eccessivo malcontento che avrebbe richiesto maggiore impegno da parte delle truppe di occupazione. E in Jugoslavia ci distinguemmo in particolare come tagliatori di teste. E non sto parlando di riduzioni di organico nelle aziende in crisi.Il dopoguerra, con il plauso della destra fascista e la complicità di una sinistra che aveva voglia di chiudere con una ingombrante ideologia partigiana e resistenziale, nascose tutte queste cose negli armadi della vergogna distribuiti nei ministeri, dove ogni tanto qualche storico poco ascoltato ficca il naso. Si opposero solo quelli di cultura azionista, che ben presto furono fagocitati a destra dagli alleati della Dc e a sinistra dal Pci. E così ci siamo crogiolati, noi cosiddetti intellettuali di sinistra, in un lunghissimo idillio con la nostra superiore cultura italiana, scuotendo severi il capo alle notizie che ci arrivavano sugli americani che perseguitavano i negri.Alla fine degli anni Sessanta ero già un ragazzo, avevo già abbastanza anni perché ora possa ricordare. Ci arrivava un’immagine bestiale del razzismo americano. Ci sembrava inconcepibile. Le croci infuocate del KKK che venivano pubblicate sulle prime pagine del Corriere o della Stampa e Harper Lee, con il suo Mockingbird ci raccontavano un’America dove, ci dicevamo, per gente come noi sarebbe stato difficile vivere.Quanto ci sentivamo superiori con la nostra cultura. Pensavamo a Lorenzo il Magnifico e a Beccaria. La civiltà occidentale eravamo noi italiani. L’altro passato lo avevamo rimosso: dalle stragi etniche nel Meridione mascherate da guerra al brigantaggio, sino alla crudeltà delle nostre guerre coloniali e alle leggi razziali. In quegli anni Sessanta guardavamo sprezzanti questi barbari razzisti americani, convinti che anche i peggiori di noi italiani non avrebbero mai innalzato croci di fuoco, neppure simboliche, alle quali appendere negri, ebrei, musulmani e zingari.E non ci accorgevamo che semplicemente da un po’ di anni nessuno ci aveva messo alla prova. I neri o i musulmani in Italia erano una presenza episodica e limitata a quelli delle classi alte. Del mondo dell’Islam conoscevamo solo i folcloristici miliardari e gli imprenditori che si compravano i pezzi di Sardegna; e i neri che ci capitava di vedere a casa nostra erano atleti o ricchi intellettuali.Poi è bastata un po’ di pressione ai confini, un’ondata migratoria anche inferiore a quella di tanti altri Paesi, per capire chi siamo veramente.Salvini e gli altri come lui non hanno esitato a costruire la loro fortuna politica su un sentimento che non hanno alimentato, non ne avrebbero avuto la stoffa da leader: era una pianta già florida, loro ne stanno soltanto raccogliendo i frutti marci.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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