di Maria Dore
Quante pagine sono state scritte in questi 70 anni sulla questione israelo-palestinese. Un libro di cui pare impossibile arrivare all’ultimo capitolo, soprattutto in queste settimane in cui la storia si aggiorna di nuovo, tristemente.
Magari la questione potesse ridursi a quello che è il suo aspetto più sopportabile, quello mediatico relativo alle adesioni alla campagna di boicottaggio contro Israele. L’ultimo caso è quello di Natalie Portman. L’attrice ha deciso di rifiutare il “Premio Genesis” , definito il ‘Nobel ebraico’, a causa, dice, “dei recenti avvenimenti” verificatisi nel Paese.
La decisione della Portman è solo l’ultima di una serie e già tempo fa mi era capitato di leggere liste di nomi di star, per lo più statunitensi o britanniche, fattesi avanti per solidarizzare con il popolo palestinese oppresso o, per la causa opposta, a favore di Israele. Questo aspetto non è esattamente riducibile ad una semplice gara tra star, specie se si considera il potere della lobby filo israeliana nella società americana, che inevitabilmente investe il mondo della musica, del cinema, dello spettacolo. Altrettanto inevitabilmente, quando la politica e la storia si mischiano allo spettacolo, emergono elementi che diventano spunto per riflessioni curiose.
Roger Waters-britannico ma da tempo residente negli Stati Uniti- è probabilmente il maggiore rappresentante della campagna a favore della causa palestinese. L’ex Pink Floyd qualche anno fa non aveva esitato a paragonare Israele alla Germania nazista. Alle sue dichiarazioni rispose Jon Bon Jovi, che, intervistato, dichiarò di non essere interessato alla decisione di Waters di non tenere concerti nello stato ebraico: lui, in Israele avrebbe suonato con immenso piacere. Perdere Roger Waters per dover ripiegare sul rock di plastica di Bon Jovi…mi sono divertita a pensare che a solidarizzare con Israele siano cantanti di cui non ascolterei mai nemmeno una brano su Youtube o attori e registi di cui non scaricherei un film gratis.
E allora mi sono documentata velocemente. Tra chi denuncia l’occupazione Israeliana vi sono Brian Eno e il regista Ken Loach, nonché la fantastica coppia Cruz-Bardem. Israele risponde con Madonna e il truzzo Kanye West. (Maledetta me che ogni tanto canticchio Like a Prayer e Who’s that girl). Tutto fila, più o meno. Tra i filo palestinesi figura Selena Gomez. Vabbè, brava ragazza. Tra i filo israeliani, spunta Nick Cave. Guarda caso, non mi ha mai convinto del tutto. Tra quelli che fanno i vaghi ci sono Radiohead. Mai sopportati.
Ma tra gli italiani? Non sono riuscita a trovare un’altrettanto avvincente lista di nomi di personalità dello spettacolo che si oppongano duramente sul tema. Tra i politici si trovano, invece, più chiare adesioni. Che mi portano a pensare che ai politici nostrani possa piacere Jon Bon Jovi.
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