Un anno fa l’estate iniziava con il sangue di Gaza. ll rapimento di tre ragazzi israeliani, ritrovati poi cadavere, cui seguì, probabilmente per vendetta, l’assassinio del palestinese Mohammed Khdeir.
A qualche settimana di distanza dall’inizio di questa nuova deflagrazione scrissi un pezzo sull’attività di propaganda con la quale Israele, anche in occasione di quegli specifici fatti, cercasse di influenzare l’opinione pubblica. ( https://www.sardegnablogger.it/israele-vs-palestina-a-proposito-di-propaganda/)
La propaganda di guerra caratterizza tutti i contesti bellici e nel caso israelo – palestinese queste attività e i loro effetti si perpetuano – complice anche la straordinaria durata della crisi – anche nei momenti di “calma apparente”.
Di conseguenza, la guerra in Palestina non sembra tanto assomigliare ai cosiddetti “conflitti dimenticati”. Di Israele e Palestina si scrive e si parla. Punto meritevole di dibattito sarebbe piuttosto capire cosa si dica e come.
È di qualche giorno fa la notizia dell’autoassoluzione dell’esercito israeliano che ha concluso l’indagine interna sulla morte dei quattro ragazzini palestinesi sulla spiaggia di Gaza, archiviandola come un incidente.
Ricordo come un anno fa non mancassero le ricostruzioni secondo le quali le responsabilità del fatto fossero da attribuire ad Hamas, che avrebbe poi riversato le colpe su Israele; ricostruzioni accompagnate da commenti di lettori su improbabili tassi di obesità registrati tra la stipata popolazione della Striscia e fantomatici attentati kamikaze compiuti da palestinesi in locali israeliani.
Questi ed altri fatti testimoniano come parte dell’opinione pubblica, destinataria anche inconsapevole delle attività di propaganda, elabori, in relazione alle vicende in questione, schemi difficili da decostruire.
Tornando a fatti di questi giorni, qualche giorno fa il Ministero degli Esteri di Israele ha diffuso un cartone animato fortemente critico nei confronti della stampa estera. Secondo il Ministero, i giornalisti stranieri presenterebbero delle ricostruzioni sulle condizioni di vita a Gaza che sarebbero smaccatamente sbilanciate a favore di Hamas. (https://www.youtube.com/watch?v=9f4RpvZiPB4).
Il ricorso ad uno strumento apparentemente innocuo come il cartoon non deve stupire. L’efficacia della propaganda israeliana sta nella possibilità di utilizzo di differenti canali e strumenti. La forza del cartone animato sta proprio nelle sue caratteristiche elementari: semplicità, brevità, immediatezza. Le stesse riscontrabili nei tweet.
E di molti tweet si serve il Ministero degli Esteri israeliano. Per annunciare la sua verità con un rapporto sui fatti del 2014; per tornare ripetutamente sulle condizioni della popolazione a Gaza, imputabili interamente al dominio di Hamas e non al blocco imposto dal governo di Tel Aviv dal 2007.
Ce n’è anche per l’ONU, colpevole di parzialità nella redazione del suo rapporto sulle operazioni condotte la scorsa estate e appena reso noto.
Un po’ di buon umore arriva dal tweet di Netanyahu che augura un buon Ramadan a tutti i musulmani.
Approfittino del digiuno del mese sacro anche gli obesi abitanti di Gaza.
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