Isadora Duncan! Era lei. Reincarnata. Io l’ho sempre immaginata così. Aspe’, non è che mi è comparsa davanti all’improvviso. Prima sembrava una signora anziana che… o cazzo, questo buonismo lessicale che ci rovina la vita! Una vecchina, macché “signora anziana”, era una vecchina vera e propria, bassottina, striminzita, vestita di scuro, le mancavano soltanto i capelli tinti di viola perché ora non si usano più. Non aveva un passo stanco e malfermo ma neppure tanto spedito. Come una di ottant’anni e più in buona salute, insomma. Comunque questa vecchina sul passaggio pedonale stava attraversando la strada dalle parti della chiesa di Santa Maria. Mi fermo per lasciarla passare rallentando molti metri prima per tranquillizzarla, visto che occhieggiava preoccupata verso la mia macchina in avvicinamento. Mi fa col capo un contenuto cenno di ringraziamento e riprende a camminare. Un coglione di gomma mi strombazza alle spalle. Guardo nello specchietto. Il solito fuoristrada con superstronzo alla guida telefoninomunito che commenta con fare incazzato tutto ciò che nel mondo creato lo può distrarre dalla sua telefonata. Sporgo il braccio dal finestrino non per mandarlo affanculo, come da tentazione, ma per indicargli la vecchina che attraversa. Il mio messaggio è -Guarda che non mi si sono fermato in mezzo alla strada perché mi sto cagando addosso o perché mi è venuto il pensiero che sono uscito senza fermacravatta: c’è una che sta attraversando. Pensavo che non avesse capito perché mi si affianca apparentemente per attaccare briga. Ma non ce l’ha con me. Ce l’ha con la vecchina. E tira un altro potente colpo di tromba per sveltirla, per togliersela dalle balle e che si sbrighi ad attraversare o a crepare. Un colpo di tromba che mi sono spaventato io che ero al sicuro dentro la mia macchina figuriamoci quella poverina indifesa davanti al muso di quell’ammasso minaccioso di lamiere guidato da un pericoloso coglione. -Ora sviene- mi dico- e mi toccherà litigare e magari prendermi una testata da questa testa di cazzo. Sviene? Ma quale sviene! La vecchina si blocca. Lo guarda e indietreggia di due passi. Sto sognando? Non due passi normali. Due passi di danza. Tiene il piede sinistro piantato a terra, l’altro lo solleva, piega il ginocchio, ondeggia la gamba e la porta all’indietro, tenendo le braccia sollevate con la borsettina nera appesa a un pollice. Poi, con gli stessi movimenti, cambia direzione e attraversa in quattro o cinque passi, chinandosi elegante verso il coglione, quasi a ringraziarlo di un applauso. Io voglio scendere dalla macchina e inseguirla per scoprire chi è, dove abita, dove ha studiato da ballerina, ma non ne ho il coraggio. Il coglione mi sgomma a fianco per dimostrarmi che nonostante l’atroce figura del cazzo lui corre più di me. E anch’io mi avvio cercandola con gli occhi a rischio di tamponare qualcuno, ma si è perduta nel marciapiede affollato.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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