Cammina e cammina, Ipazia e Cirillo vedono un lumicino. Anzi, tanti lumicini. Atterrano a Fiumicino sulla pista più vicina alla stazione dei taxi e salgono su una vettura bianca con la scritta “Taxi” sul tettuccio. Ipazia chiede. -Servizio Roma Capitale? -No, abusivo. -Scusi, allora perché ha le insegne del servizio regolare? -Nun so’ cazzi che te premono, sciacquetta. Cirillo ha paura del tassista e commenta sottovoce. -Che maleducato. Ma il tassista ha orecchie buone. -Mosca tu, che se te vede la morte se gratta, co’ quella barba riccia e la faccia da iettatore. A tutti patti, se volete anda’ a Roma so’ novanta euri. Ipazia si fruga nella borsetta e scopre di avere pochi spiccioli: tre silique, un nummo e tre sesterzi probabilmente fuori corso. Guarda interrogativamente Cirillo che solleva le spalle. -All’Inferno non possiamo tenere denaro. A me fanno la perquisizione anale ogni ora. -Ogni ora? -Ogni ora. -Ti hanno mai trovato niente? -Mai. -E continuano? -Regolarmente. -Ti sei mai voltato per vedere con che cosa ti perquisiscono? -No, è proibito. -Va bene. -Ma perché me l’hai chiesto? -Niente, per curiosità. -No, dimmi perché me l’hai chiesto. Ma Ipazia cambia discorso e comunica al tassista che non hanno di che pagare la corsa. Quello ferma l’auto e proprio in quel momento li raggiunge trafelato un signore in gonnella rossa, mantellina da viaggio di velluto bordato di pelliccia e mitria di traverso sul capo, che si inchina verso il finestrino di Ipazia. -Scusate, andate a Roma? -Sì. -Senta, signorina. Ho una fretta dannata e non ci sono altre vetture. Se mi fate salire, la corsa la pago io. -Salga. L’uomo siede accanto all’autista e si volta verso i due porgendo loro la mano. -Permettete? Ciccio Cicci. Purtroppo ho la Hennesey Venom GT (980.000 euro) in officina e non c’era un cristo che potesse venire a prendermi. In che zona andate? -Vaticano. -Che coincidenza, scendo anche io da quelle parti. Cirillo è palesemente interessato al nuovo arrivato e gli stringe la mano. -Cirillo di Alessandria. -Quel Cirillo? Il santo, il dottore della Chiesa? -Proprio quello – risponde il vescovo, titillandosi la barba e simulando noncuranza per i suoi titoli. -Che onore! Come mai qui? Immagino che ora lei risieda in Paradiso. -Lasciamo stare. Permette che le presenti la professoressa Ipazia? L’uomo ritira piano piano la mano. -Quella Ipazia? La pagana? -Piacere – fa lei, un po’ sulle sue . E decide di cominciare l’indagine. -Comunque, guardi che Cirillo sta all’Inferno. L’uomo si rivolge stupito al vescovo senza neppure guardarla in faccia. -E’ vero? Lei è stato punito per avere scarnificato questa qui? -No, per altro – fa lui vago – Una storia con la domestica. -Volevo ben dire. Poi ci ripensa e chiede allarmato -Perché, per le questioni con le domestiche si finisce all’Inferno? -Pare di sì. -Anche per le questioni con i minori maschi? -Non saprei dirle, a me piacevano le serve. -Non potrebbe informarsi? Voglio dire, se c’è una prassi generale relativa ai minori maschi. Mi interesserebbe. Non me direttamente, beninteso: è per un mio amico. -Cosa vuole che le dica, signore mio, fosse per me non ci vedrei niente di male. Ma non posso garantire. Ipazia sta a sentire ed è perplessa. Lei è abituata ai Campi Elisi, dove quando si parte di baccanale non si sta tanto a sottilizzare tra culi maschili o femminili. Però i bambini non li tocca nessuno. -Scusi, ma il Papa su questa faccenda cosa dice? – chiede curiosa. -Chi, quello? – Fa l’uomo senza neppure voltarsi a guardarla – E chi se lo fila? – Ma non l’avete eletto voi? – Ah ah! Voi donne quando vi mettete in mezzo a questioni di uomini fate proprio ridere. Chieda al suo amico qui, il monsignore, che sicuramente le saprà spiegare meglio di me, se proprio ci tiene. Ipazia si rivolge a Cirillo, che è tutto contento di trovarsi in compagnia del nuovo arrivato, qualcuno che finalmente, dopo quasi duemila anni, se lo caga. -Spiegami- ordina Ipazia al dottore della Chiesa. -Si faceva così anche ai miei tempi – dice lui con tono saccente – Quando ci accorgevamo che non riuscivamo più a fottere il gregge, allora cambiavamo registro e mettevamo a comandare gente più presentabile. Poi, se rompevano i coglioni, li facevamo fuori e… – Ma cosa dice, monsignore – lo interrompe ridacchiando con complicità il nuovo arrivato – Sta dando anche troppe spiegazioni… a una donna e per di più pagana! Ipazia sta zitta. Ascolta i discorsi che si scambiano i due compagni di viaggio diventati ormai amiconi e riflette. A un certo punto le cade l’occhio nello specchietto retrovisore e vede che il tassista ogni tanto la osserva come se fosse preoccupato. E si ricorda che ad Alessandria, quando la filosofia e la matematica non le servivano per risolvere i problemi, chiedeva consiglio al fornaio o alla lavandaia. A gente, insomma, che sedeva davvero tutto il giorno sul greto della vita e ogni tanto ci si faceva anche il bagno. -Lei stava ascoltando? -A me m’abbastano li cazzi che c’ho per la capoccia! -Ma se avesse ascoltato che cosa mi consiglierebbe? -Te dire’ de raccoglie li tui cenci e ‘sto bagarozzo che te porti addietro e de tornà da indove se’ partita, bella mia bocchinara. E de prescia puro, antrimenti te rifasseno la festa. Ipazia riflette un altro po’ poi dice al tassista. -Fermi qui. Scendiamo. -Agli ordini. Lo sconosciuto e Cirillo si guardano allarmati soprattutto quando Ipazia intima a Cirillo. -Svelto, scendi. Torniamo indietro. -Io resto qui – risponde lui dispettoso stringendosi al bracciolo. -Se non ti sbrighi ti mando quelli a cantarti il mistero glorioso e ti sollevo la tunica davanti a tutti. Cirillo bestemmia a bassa voce. Si vede che è indeciso. Ipazia cambia tono. -Dai, se mi segui senza fare storie ti lascio guardare un attimo dentro la scollatura e ti potrai anche toccare – gli promette, pensando in aggiunta – Se te lo trovi. Il vescovo con la punta della lingua in un angolo delle labbra si precipita fuori dal taxi mentre lo sconosciuto lo chiama. -Monsignore, monsignore. Torni indietro. Insieme faremo grandi cose. Anzi, adesso scendo anch’io e quella lì la sistemiamo, vedrà. – Tu nun te move – dice il tassista abbrancandolo per il collo – Sta’ ‘mpalato finché nun arriviamo ar cuppolone e me paghi i centoquaranta euri di corsa. – Ma dice che prima erano novanta. -E pe’ te so’ centoquaranta, collostorto. Il tassì riparte sgommando, lasciando Ipazia e Cirillo allo svincolo di Parco Leonardo. Si incamminano con lui dietro che procede a passo strascicato e lei che ogni tanto si volta. -Svelto, che abbiamo strada da fare. -Ricordati della promessa. -Quale promessa? -Della scollatura. -Quale scollatura? -Me lo dovevo immaginare. Voi pagani siete spergiuri. -Sempre meno di voi cristiani. -Questo è vero – ammette Cirillo ridacchiando. Fine (la prima puntata è stata pubblicata il 10 agosto 2015)
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Cara Cora (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design