Com’è che si comincia?
“Io non sono razzista, ma …”
No, no!
Io ho scoperto i miei pregiudizi già molto tempo fa e mi guardo bene dall’escludermi dal gruppo dei razzisti.
Ogni tanto succede anche a me
Mi è successo ieri, alla stazione di Nijmegen (Nimega in italiano, ma non lo sa nessuno).
Mi si è avvicinata una giovane donna con dei “depliant”.
Pensavo a una pubblicità.
Invece c’era scritto “Ho fame, ho bisogno di aiuto, ecc…”
L’ho guardata in faccia e ho immediatamente pensato: “Una Roma–si perché si dice Roma e non Rom–una professionista.”
Ho scosso la testa e lei è passata ad un altro potenziale cliente.
Io l’elemosina alle donne la faccio sempre.
Mi sono chiesto perché a lei non l’ho fatta.
Non avevo monete e cinque euro di elemosina non li do.
Ma non l’ho fatta perché ho pensato che lei fosse una Roma e–quindi–una professionista dell’elemosina.
Era una Roma?
Boh?
Sarebbe potuto esserlo.
Figuriamoci se so se fosse una professionista o veramente una giovane donna disperata.
Non avevo monete e non potevo comunque più rimediare: lei era già oltre.
Ancora una volta ho scoperto di essere anche io guidato da pregiudizi.
Il razzismo è una cosa complessa.
Adesso non voglio fare come Freud, che ha scoperto in se stesso il complesso di Edipo e l’ha subito dichiarato una caratteristica universale degli umani.
Io dico che il verme del razzismo ce l’ho dentro e che devo lottare con quella parte di me stesso per tenerlo sotto controllo.
Il mondo non si divide in buoni e cattivi, purtroppo.
Questo è proprio quello che vogliono credere i mentecatti che diventano vittima del razzismo: noi e loro.
Invece, noi siamo loro e loro sono noi, ma in misura diversa.
Come uscire dal razzismo?
Pensare di poter liberare la società completamente da questo mostro è da ingenui.
Una piccola percentuale di razzisti/fascisti è fisiologica in qualunque società, ma per farlo proliferare occorre un certo clima culturale.
Mi ricordo che negli anni Ottanta, quando c’erano ancora pochi ambulanti–i “marocchini”–mia mamma, quando suonavano alla porta, diceva: “No, figlio mio, non compro niente.”
Con gli anni è cambiata: le è venuta la paura dei “marocchini”, di tutti i “marocchini”.
È vero che è anche successo un incidente–un “marocchino” pare abbia cercato di scavalcare il muro del cortile–ed è anche vero che i vecchi diventano paurosi con il passare degli anni.
Ma è anche vero che con il passare degli anni, anche i sardi si sono scoperti razzisti e spudoratamente tali.
Le donne del rione si scambiavano storie truculente sui “marocchini” e rafforzavano nelle altre le proprie paure.
E gli uomini non erano da meno, a cominciare da quelli che finalmente avevano qualcuno da poter disprezzare, qualcuno che finalmente si trovava in un gradino inferiore al loro nella società.
Oggi–e spetta ad altri denunciarne le cause documentatamente–una parte consistente di sardi è composta da razzisti.
Lo vediamo nei commenti ai giornali e ai blog.
C’è stato un cambiamento collettivo.
Da cosa o da chi è stato guidato?
Come è diventato possibile che oggi tanta gente si lasci guidare spudoratamente da pregiudizi così spesso infondati?
Dimenticandosi, tra l’altro, di essere stata a sua volta–e per decenni–vittima di pregiudizi anche più feroci?
Come è possibile che a tanta gente–per il resto normale–non succede come a me di chiedersi–dopo il primo momento–se il pensiero che mi ha attraversato la testa sia fondato?
Perché tanta gente vuole credere ai propri pregiudizi?
Per combatterlo, il razzismo, bisogna conoscerlo.
E riconoscerlo in se stessi, prima di tutto.
Pensare che i “razzisti” siano gente completamente diversa da noi non ci aiuta a capire.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Cara Cora (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design