Conosco Ismail dal 2010. Nel 2010 gli studenti dell’Orientale di Napoli, dove ho studiato e l’ho conosciuto, andavano in Siria per studiare la lingua araba. Tornati, raccontavano di Palmira, portavano con loro il sapone all’olio di oliva di Aleppo. Poi è arrivato il 2011 e si è iniziato a dire che in Siria era meglio non andarci più. Dal 2011 vedo una frase nel profilo skype di Ismail. E’ tratta da una conversazione con suo padre, che, come tutta la sua famiglia, vive ancora in Siria: “Ero preoccupato perché stai in un altro paese, ma adesso sei la persona più al sicuro tra quelle che conosco”.Ismail non ha visto scoppiare la guerra nel suo paese, ma la sente addosso. E ha deciso di raccontarla a SardegnaBlogger.
La Siria è nel caos dal 2011, ma pare che l’opinione pubblica e l’Europa stiano prendendo coscienza solo ora di quale sia la situazione. Cosa pensi di questo “ritardo”? E cosa pensavi nel 2011, quando tutto è cominciato?
L’Europa reagisce ora perché è scoppiata la crisi dei profughi, questione che la riguarda da vicino. Prima di qualche mese fa il problema siriano non sembrava dare fastidio a nessuno. Lo stesso vale per l’Isis: attivo in Siria da un anno e mezzo, ma solo adesso ci si preoccupa della sua avanzata. Guarda invece il caso della Libia: la Francia è intervenuta subito, e sono stati stipulati accordi sul petrolio e sul gas. Ma la Siria ha poche risorse energetiche … quindi non vale la pena intervenire.
Uno dei nodi del dibattito sulla Siria riguarda l’individuazione del responsabile principale: alcuni chiamano Assad al banco degli imputati, altri l’Isis, altri ancora fanno risalire tutto all’invasione in Iraq del 2003, quindi agli USA. Quale posizione si avvicina di più alla realtà, a tuo parere?
Alcuni sostengono che l’ISIS sia un’invenzione di Assad per aiutarlo contro i ribelli e che poi la situazione gli sia sfuggita di mano. Ora la situazione è complicata, il quadro è davvero incomprensibile. Non così all’inizio, durante gli scontri del 2011, iniziati pacificamente: in questo caso la responsabilità è del regime e del presidente. Che tuttavia è rassicurato da Cina, Russia e Iran.
Te lo chiedo in maniera secca: cosa pensi di Bashar al Assad?
Bella domanda, (lo dice sospirando, facendo una pausa). All’inizio in Siria si viveva abbastanza bene. Però le risorse sono sempre state concentrate nelle sue mani e quelle della sua famiglia. Nel nostro paese sono presenti due sole aziende telefoniche; una è di sua proprietà al 100%; l’altra in mano al 50% di suo cugino. ( Rami Makhlouf, indicato come l’uomo più ricco del paese). Ma, a parte questo, la situazione non era pessima, prima del 2011. Da questo momento in poi la sua responsabilità è innegabile. Non è riuscito a gestire la situazione e prosegue nel suo attaccamento al potere … fino a quando? Fino alla “fine”?
La Siria è sempre stata governata da un partito laico, il Ba’th. Il padre dell’attuale presidente cercò di eliminare fisicamente gli islamici negli anni ’80, attaccandoli nella loro roccaforte, la città di Hama. Che effetto fa vedere la Siria, oggi, ostaggio dai combattenti di un’entità politica che si proclama “islamica?”
Di Hama oggi non si ricorda nessuno. All’epoca non c’era internet e i media non se ne occupavano. Lo stato islamico … (ride) è un’idea campata in aria. Dio non chiede di uccidere le persone, di massacrare i civili, di distruggere i monumenti. Anzi. Queste azioni vanno in un senso opposto a quanto il Corano prescrive in termini di condotta di guerra. Gli islamisti dell’Isis non applicano le leggi del Corano cui dicono di fare riferimento. Applicano solo la loro idea di pura violenza.
Cosa ti raccontano i tuoi familiari che stanno ad Aleppo?
Sai,loro parlano poco, dicono che tutto va bene, e io non chiedo continuamente … ma so bene com’è la situazione. Abitano in quella parte di città controllata dal regime, che è relativamente più sicura. Eppure, tre anni fa la loro abitazione è stata sfiorata da un razzo. Il regime ha accusato i ribelli; i ribelli hanno accusato il regime di aver orchestrato l’attacco per scaricare su di loro la responsabilità e guadagnare il consenso della popolazione. Accade sempre così. E la gente, intanto, continua a morire.
Cosa pensi del ruolo degli altri paesi arabi in questa crisi? Anche riguardo alla questione dei profughi.
I paesi arabi di questa situazione se ne sono lavati le mani. Si limitano a finanziare militarmente chi vogliono, ma non si curano delle questioni umanitarie. Non so come possa risolversi la situazione … alla questione dei campi profughi in Giordania, ad esempio, dove la situazione è tragica. Il campo di Zaatari, dicono sia diventato la terza città più popolosa della Giordania. Ma non è una città, è un campo profughi! Senza fognature, senza servizi igienico sanitari. Paesi arabi a parte, la cosa vergognosa è l’atteggiamento dell’Europa.
Se ti fermi ad immaginare il tuo paese nel futuro, cosa vedi?
Non vorrei essere pessimista, (ripete per ben tre volte),ma sarà una cosa molto lunga. Prevedo una situazione che potrebbe diventare peggiore di quella palestinese, per la quale in 60 anni non si è trovata una soluzione. Quelli che riusciranno ad arrivare in Europa resteranno; altri si insedieranno in Turchia e Giordania. E in Siria … resterà quello che è rimasto, continuerà così. Troppo complicata la situazione, di giorno in giorno. Non basteranno una manciata di anni, no.
Il frammento di una poesia che Ismail ha pubblicato sul suo profilo Facebook mi pare il modo giusto per chiudere questo pezzo.
Perdonateci Se ci siamo raggruppati come le pecore sul ponte di una nave E abbiamo fatto vagabondaggi su tutti gli oceani per anni e anni e non abbiamo trovato tra i commercianti Arabi Un commerciante che accettasse di farci mangiare o di comprarci Non abbiamo trovato tra le belle Arabe Una donna che accettasse di amarci o una che ci riscattasse Non abbiamo trovato tra i rivoluzionari Arabi Un rivoluzionario che non ci avesse colpito con un coltello
Nizar Qabbani (poeta Siriano,1923-1998)
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