Nel 1954, in prima elementare, manco sapevo chi fosse quel “santo” del quadro appeso alla parete dietro la maestra, vicino al crocifisso.
Solo molti anni dopo seppi che si trattava di Luigi Einaudi, il primo Presidente della Repubblica eletto dal Parlamento secondo l’art. 83 della Costituzione. In realtà il primo era stato De Nicola, ma lo aveva designato, provvisoriamente, l’Assemblea Costituente.
Nel ’55, quando rientrai a scuola in seconda elementare (il 1° ottobre), il “santo” dietro la maestra era stato sostituito. Dice che si chiamava Gronchi, di nome Presidente. Mamma mi disse che in realtà si chiamava Giovanni (proprio come babbo), che doveva restare appeso a fianco a Gesù Cristo, che per oltre vent’anni lì c’era stato un altro ritratto di un uomo cattivo (ma questa è un’altra storia). E ci rimase in terza, e poi ancora in quarta. Insomma per tutte le elementari quel santo atipico restò in quella parete. Avevo anche capito, nel frattempo, che non era un santo ma il Capo dello Stato. Lo ritrovai pure, dietro la cattedra dei professori, alle medie, tanto che pensavo fosse eterno, Gronchi!
E invece no, alla fine della terza media è stato sostituito, da Antonio Segni, Presidente della Repubblica, ché allora già sapevo cosa fosse il Presidente della Repubblica, e soprattutto avevo capito che non era un santo.Alla radio, allora, si ascoltavano i notiziari, mentre i pochi televisori, in qualche bar, diffondevano la notizia: era il maggio del ’62 e Antonio Segni, sardo e sassarese, era diventato il presidente di tutti gli italiani! Si, il sassarese Antonio Segni! Persino mamma, comunista, era contenta: Antonio Segni lo conosceva di persona (chi non lo conosceva a Sassari?) e “donna Laura – diceva – era una gran brava donna, una Signora, gentile, disponibile e soprattutto benefattrice per i tanti poveri di una città non ricca”. Segni però restò poco, rispetto a Einaudi e Gronchi, appena due anni e mezzo: nell’agosto del ’64 fu colpito da un ictus. Si dimise nel dicembre dello stesso anno.
Ormai ero al liceo e, a sedici anni, l’elezione di un presidente la si percepiva già come un avvenimento importante: si cominciava, a quell’età, già a informarsi di politica.
L’elezione di Saragat, Giuseppe Saragat, socialdemocratico come babbo e per di più in “odor di sardità”, il 28 dicembre del ’64, è stata una soddisfazione. Allora si portava rispetto per le figure che rappresentavano le istituzioni, soprattutto quelle più importanti.Le informazioni erano diventate più veloci, l’età era più matura e gli avvenimenti della politica si apprendevano soprattutto dalla stampa: a casa, oltre alla Nuova Sardegna, si leggeva la Domenica del Corriere e Oggi: molto per quei tempi e per la famiglia di un operaio. La televisione ormai era entrata in tutte le case e, nelle trasmissioni di intrattenimento, la satira di Noschese non risparmiava certo il presidente, divenuto famoso per “l’alza barbera”.
Nel ’71 ero ormai grande (23 anni era una certa età…) madre di tre bambini, appassionata dei fatti di politica, iscritta al PCI e lettrice dell’Unità e di Panorama (che allora era un giornale serio e di sinistra!). L’elezione di Giovanni Leone non mi esaltò: oltre ad essere democristiano, più che un presidente pareva il corrispondente napoletano di Gilberto Govi. Non è stato un presidente amato e fu costretto alle dimissioni sei mesi prima della scadenza del mandato, nel giugno 1978, travolto dallo scandalo Lockeed. Solo molti anni dopo si stabilì definitivamente la sua estraneità ai fatti, che soprattutto il partito radicale (Pannella, Bonino) e l’Espresso (Camilla Cederna) gli avevano attribuito.
Nel luglio del ’78 è la volta di Sandro Pertini, il partigiano socialista, eletto presidente a dispetto del PSI di Craxi dopo ben 16 scrutini (Leone dopo 23 e Saragat dopo 21!). Erano anni drammatici, gli anni del terrorismo, delle bombe e delle catastrofi. Pertini è stato un presidente sempre presente, molto popolare: il merito della sua popolarità, oltre alle doti umane del presidente partigiano, è stato soprattutto dell’avvento dell’informazione di massa attraverso la televisione, ormai indispensabile pezzo di arredamento di ogni famiglia anche della più umile. Pertini te lo trovi a Vermicino, accanto alla famiglia Rampi e alle migliaia di curiosi che si accalcano attorno al pozzo dove era caduto il piccolo Alfredino, o in Irpinia, dopo il terremoto e prima dell’arrivo dei soccorsi, o in Spagna, al fianco della Nazionale ad esultare per la vittoria dei mondiali dell’82. Ma a me resta e resterà più caro per la grande umanità mostrata alla morte di Enrico Berlinguer.
A Pertini, nel 1985, successe un altro sardo, Francesco Cossiga, democristiano, eletto al primo scrutinio. Il Picconatore, quello che fu presidente nel momento storico più significativo della politica mondiale del dopoguerra: la caduta del muro di Berlino che sancì la fine della guerra fredda e della contrapposizione dei due blocchi, americano e sovietico. Un presidente controverso e negli ultimi mesi perfino isterico. Non ne ho un buon ricordo e, credo, neppure gli italiani: non regge il confronto con Pertini, il nonno d’Italia.
Il 1992 è la volta di Oscar Luigi Scalfaro, il presidente cattolicissimo spesso raffigurato dai disegnatori satirici con gli abiti da monaca. Non è stato un cattivo presidente, alla fin fine: ha tenuto testa all’arroganza di un Berlusconi affacciatosi prepotentemente e improvvisamente sul panorama politico italiano.
Carlo Azeglio Ciampi (1999) è il presidente che ricordo con grandissima stima: un signore nei modi e nell’interpretare il ruolo della più alta carica dello Stato. Si dice “un tecnico”, ma è stato a mio parere quello che ha fatto conoscere maggiormente agli italiani la Costituzione, quello che l’ha valorizzata, quello che l’ha rispettata. Uno dei più grandi Presidenti della Repubblica (che chiaramente dal punto di vista affettivo resta sempre Sandro Pertini) fino all’elezione di Mattarella.
E dopo Ciampi, è la volta di Giorgio Napolitano (2006 primo mandato, 2013 secondo), un comunista in Campidoglio, in piena era berlusconiana! Democratico di Sinistra al momento della prima elezione, naturalmente indipendente alla seconda (2013). Un presidente controverso in un periodo altrettanto controverso, sia per la crisi economica, sia per la crisi politica e di valori che l’Italia sta attraversando. Un presidente sempre sotto la lente di ingrandimento nel tempo in cui tutte le informazioni (vere, meno vere, false, distorte) vengono veicolate alla velocità di un “enter” nella tastiera del PC. Un presidente al quale i cittadini attribuiscono, erroneamente, poteri che non ha, scelte che non può compiere e nefandezze che gli sono estranee. Difficile fare il presedente al tempo di “feisbuc” e ancora più difficile al tempo di Renzi, di Grillo e Casaleggio, di Tzypras e di Magalli. Difficile fare il presidente di un’Italia a corto di valori, a corto di idee, a corto di ricchezza. E Napolitano è “costretto” ad un secondo mandato, tanto irrituale quanto necessario per consentire l’elezione di un nuovo Parlamento, che non si dimostrerà, purtroppo, migliore del precedente. Il 14 gennaio 2015 Napolitano rassegna le dimissioni: ha quasi novant’anni!
Il 31 gennaio del 2015 Sergio Mattarella è eletto Presidente della Repubblica.Un’impresa, anzi un “trabagliu”, fare il Presidente in un’Italia lacerata da una crisi della politica che pare irreversibile, da una crisi economica forse la peggiore del dopoguerra, e come se non bastasse, negli ultimi due anni di mandato, da una crisi sanitaria mondiale che ha determinato l’acuirsi della crisi politica ed economica, affrontata da una classe politica inadeguata.Solo la fermezza di Mattarella ha consentito che l’emergenza fosse governata da un capo di governo credibile come Draghi. Ma Mattarella è stato fino alla fine del mandato, un punto di riferimento solido, retto, severo e rispettoso del popolo italiano e della Costituzione.Per questo è stato impossibile, per un Parlamento di mediocri, trovargli un successore, e, in processione, i “capi” sono andati a implorarne la disponibilità a un secondo, ormai non irrituale, mandato.Ancora una volta Sergio Mattarella sarà, suo malgrado ma per fortuna, il Presidente di tutti gli italiani ed eserciterà la presidenza con la rettitudine che lo ha contraddistinto e secondo gli articoli 87, 88, 89 e 90 della nostra Costituzione.
Auguri, Presidente!!!
Nata quasi a metà del secolo scorso, ha dato un notevole impulso, giovanissima, all'incremento demografico, sfornando tre figli in due anni e mezzo. La maturità la raggiunge a trentasei anni (maturità scientifica, col massimo dei voti) e la laurea...dopo i sessanta e pure con la lode. Nonna duepuntozero di quattro nipotini che adora, ricambiata, coi quali non disdegna di giocare a...pallone, la sua grande passione, insieme al mare.
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