Io, a Zola l’ho conosciuto. Davvero. CIi ho anche mangiato insieme. Era il 1986. Quando la Torres fece il salto di qualità: dalla C2 alla C1 e il presidente era Rubattu. Fu un incontro bellissimo e denso di aneddoti. Perchè io, a Zola l’ho conosciuto all’Asinara nel giorno in cui lui giocò la partita con la sua Torres contro una rappresentanza di detenuti. Ecco, quel giorno io ero l’allenatore dei detenuti. Oddio, più che un allenatore un selezionatore. Fu una partita memorabile che meriterebbe un lungometraggio. Infilai nella squadra il braccio destro di Vallanzasca: Rossano Cochis. Quando lo seppe, il maresciallo trasalì. Ma era bravo con il pallone e aveva un certo carisma: si faceva rispettare. Poi scelsi un ragazzo che si chiamava Tammaro. Giocava davvero bene a pallone ed era terribilmente egoista. Mi piaceva quella sua rabbia repressa, quel suo voler dare un calcio alla vita più che al pallone. La cosa che mi premeva, da allenatore, era l’esatto contrario del Conte-pensiero: “ragazzi, mi raccomando, non toccate nessuno e soprattutto non toccate Gianfranco Zola.” Era un ordine perentorio tanto che alla fine del primo tempo conclusosi tre a zero per la Torres lui, Gianfranco Zola si avvicinò e mi disse: “Scusi, ma questi sanno giocare a pallone o hanno paura?” “Beh”, risposi, “Vedrà nel secondo tempo”. Rincuorai la mia squadra e dissi che potevano osare. Finì quattro a uno e quel gol, il gol della rabbia e dell’anima lo segnò proprio Tammaro e Gianfranco Zola gli fece i complimenti. Io, alla fine della partita ero contento perché il risultato ci andava davvero bene. Il Benevento, per esempio, con quella Torres aveva perso per 6 a 1. la partita, giocata nella diramazione di Trabuccato, fu un evento all’Asinara e quelli che c’erano ancora lo raccontano. Poi ci fu il pranzo e Zola mangiò proprio vicino a me e a un detenuto siciliano. Era molto silenzioso. Qualcuno gli chiese se fosse contento di giocare con la Torres e lui sorrideva. Poi sappiamo come è andata a finire. Prima al Napoli di Maradona, poi il Parma e infine il Chelsea dove divenne magic-box, il miglior calciatore di tutti i tempi per quella squadra. Io, a Zola l’ho conosciuto. Davvero. Adesso allenerà il Cagliari. Che da giocatore lo aveva riportato in A. A me Gianfranco Zola mi è sempre piaciuto. Perchè quel giorno che si avvicinò all’Asinara, alla fine del primo tempo e mi parlò, era convinto che io fossi, davvero, un allenatore di calcio. Me lo confidò a pranzo e si mise a ridere quando gli spiegai che io allenavo i detenuti alla vita. “Buona fortuna”, mi disse. “Anche a lei” risposi osservando quel piccolo ragazzo che sarebbe divenuto, a breve, un’icona del calcio mondiale. Io, invece, come allenatore non ho fatto molta carriera. Ed è giusto così. Ben tornato Gianfranco e buona strada. Io, da oggi, guarderò il Cagliari con occhi diversi. Da vecchio allenatore di una squadra di folli che quel giorno aveva deciso di sfidare la Torres di Zola. E le sfide si affrontano a testa alta. Non sempre si vince, ma occorre provarci. E questo Gianfranco lo sa.
La foto è stata scattata nel giugno del 1986 all’Asinara, in occasione dell’incontro tra la squadra della Torres e una rappresentativa dei detenuti della quale io ero il selezionatore. La partita finì 4 a 1 e Zola segno due reti. Le altre le segnò Tolu. Per i detenuti segnò Tammaro, un ragazzo ex minore siciliano condannato per omicidio.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
Un rider non si guarda in faccia (di Cosimo Filigheddu)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Ciao a Franco dei “ricchi e poveri”. (di Giampaolo Cassitta)
La musica che gira intorno all’Ucraina. (di Giampaolo Cassitta)
22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.020 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design