Proviamo ad immaginare uno scenario. Maroni, Zaia Pigliaru e Crocetta domani mattina varano l’entrata in vigore della legge di transizione giuridica e di fondazione della Repubblica lombarda, veneta, sarda e siciliana. I primi due governatori forti dei risultati di un referendum, (che, però non chiedeva l’autonomia o l’indipendenza) i secondi perché convinti sostenitori di una scelta indipendentistica scritta nella storia e nel dna di due regioni che sa sempre hanno mal sopportato lo stato italiano visto come usurpatore. Mettete che dopo la dichiarazione di indipendenza, per le strade di Milano, Venezia, Cagliari e Palermo in migliaia si radunino in strada e nelle piazze festanti e felici per la proclamazione della nuova repubblica. Mettete che negli edifici pubblici spariscano le bandiere italiane e probabilmente quelle europee: solo la rosa camuna per la Lombardia, i quattro mori per la Sardegna, il leone di San marco per il Veneto, la triscele per la Sicilia. Mettete che tutto questo procuri gioia, allegria e una certa euforia. Poi, qualcuno, comincia a dire: ma la Costituzione italiana? La repubblica una e indivisibile? Forse quella dichiarazione va contro una serie di norme e probabilmente i quattro governatori rischiano la denuncia come Puigdemont in Spagna. Lo dico da innamoratissimo di Barcellona, da tifosissimo della squadra di calcio del Barcellona, da amante da sempre di Gaudì e di Mirò. Lo dico guardando Rajoy e considerandolo antipatico, ma antipatico davvero. Lo dico con il cuore pesante e la consapevolezza che da casa tutto è più semplice: ma siamo davvero sicuri che questa sia la strada maestra? Quella giusta, quella per la quale è necessario battersi? Siamo davvero sicuri che il popolo è tutto con noi? Che tutti vogliano l’indipendenza dalla Spagna? Che tutti anche da noi non vedano l’ora di stracciare la bandiera italiana a discapito di quella lombarda, sarda, veneta e siciliana? Perché se ci fosse anche un 49% contrario, se anche ci fosse una minoranza che dice no, quelli dell’indipendenza che conoscono da sempre l’arroganza della maggioranza, di chi ha i numeri per governare, dovrebbe fermarsi e stare ad ascoltare. Non si può votare no al cambiamento della Costituzione e poi sputarci sopra. Lo dico agli italiani, lo dico ai Salvini, ai Maroni, lo dico a chi ha lottato per l’unità di questa nazione, lo dico con l’angoscia vera, terribile di ciò che sta accadendo in Spagna. Forse è il caso che ci guardiamo tutti negli occhi e chiediamoci, davvero, che cosa vogliamo fare. Non sempre la passione abbraccia la ragione. Lo dico io, passionevole da sempre ma che osserva la luna da tempo e la vede con troppe macchie.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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