Un musicista milanese che a Parigi crea le sue opere migliori quando beve Girò di Sardegna, l’incerto Salgari che nel suo romanzo d’avventura disegna un improbabile sardo di due metri, dall’improbabile nome di Rocco, che rimpiange durante il ramadan un buon bicchiere del suo Campidano, e l’astemio D’Annunzio che durante la sua visita in Sardegna s’inebria del solo profumo del Nepente mentre i suoi compagni di viaggio, i poeti Scarfoglio e Pascarella, giacciono ubriachi ai suoi piedi… sono soltanto alcune delle curiosità che la ricerca di racconti letterari legati al vino in Sardegna ha prodotto. Ma c’è anche Sergio Atzeni, che fa gustare una botte di Monica color di prugna e dal profumo di mandorlo nientemeno che a Mariano d’Arborea e a sua figlia Eleonora, e il re dei vini, il Cannonau, nettare capace di attutire la frustrazione e l’odio o di alleggerisce il rimorso per un delitto efferato, o addirittura di replicare l’effetto dell’hashish e della simpamina…
Sul bianco tanto si è scritto, vino sicuramente più decifrabile, vino da bere a differenza del rosso la mattina, quando ancora si lavora, e spesso abbinato alla necessità del placare la sete, durante la vendemmia o nelle feste d’estate, come capita sempre più con il nostro vino più famoso, il Vermentino, o la Vernaccia, che però è vino nobile, vino per ricchi, come ci dice Antonio Puddu, e arriva a curare, nella sua lunga storia, persino la malaria o il Moscato, salmastro e bevuto vista mare, come ci narra in una lettera all’amata Sibilla Aleramo il poeta maledetto Dino Campana…
Ma nel sesto volume dell’antologia di MieleAmaro dedicata al vino, ai liquori e al caffè, edita da Cuec, e curata da Gianni Stocchino e dal sottoscritto, si parla anche di feste e di vendemmie, con le loro regole codificate, immutabili e quasi sacre, di acquaviti, e di vino e medicine… all’acquavite, in particolare, dedica uno splendido brano Benvenuto Lobina, che la trasforma in un degno surrogato del cognac, bevuto dai reduci nelle trincee delle Alpi e a cui attribuisce il potere di trasformare la Grande Guerra in un buffo conflitto privato… l’acquavite, il più nobile distillato del vino, liquore proibito e spesso per questo prodotto clandestinamente, liquore che per la Deledda emana addirittura un profumo di fiore fatale ma persino medicina per i lattanti, i cui succhiotti vi sono lasciati a bagno…
Un capitolo del libro è dedicato all’ospitalità, cura sacra ma anche ossessiva per i sardi, per cui sottopongono talvolta i malcapitati ospiti a libagioni antelucane, un altro alle cantine, regno della degustazione e teatro dei primi sogni di un bambino capace già di trasfigurare una botte di vino in una mucca che stilla il latte, alle bettole, come quella in cui Lawrence descrive dei girovaghi che in mancanza della coperta si riscaldano con l’acqua vitae, e un altro ancora è dedicato alla birra, poco conosciuta sino al secolo scorso, tanto che il cartografo inglese William Henry Smith, nella sua Relazione sull’Isola di Sardegna del 1828, scrisse che i sardi “bevono vini di svariate qualità, liquori e sorbetti, ma la birra è a malapena conosciuta fuori Cagliari”. Poi è arrivato il primo stabilimento, le birre artigianali, e un record di cui forse si può anche non essere fieri, e cioè il primato dei bevitori di birre in Italia, come ci racconta Giorgio Pisano nel suo bel pezzo…
Conclude la parte antologica il capitolo dedicato al vino e la poesia… abbinamento tra i più celebrati nella storia dell’umanità, nella tradizione sarda vino e poesia crescono entrambi per raggiungere l’esaltazione dei sensi, suscitare emozioni, coronare momenti particolari, evocare ricordi, addolcire l’esistenza di chi gusta entrambi con lo spirito ribelle di un amante della vita…
E poi tredici contributi, cominciando dall’articolo scientifico di Salvatore Orunesu sulla regolamentazione dettagliata delle colture vitivinicole all’epoca di Mariano, e passando per la confessione di Nicolò Migheli, per cui quello della vigna è un mistero, ché quando era bambino la buonanima del babbo gli diceva: “Berrai il vino quando riuscirai a zapparti la vigna da solo”. Un racconto di zappa, terra e sudore, e “vendemmie con acini appiccicosi tra le dita, punture di api golose, botti lavate sui selciati, clangori di pigiatrici azionate a mano, rotolio di carri a buoi, profumo di mosto per le vie del paese”…
Il poeta Alberto Masala ha contribuito a questo numero con una canzone, scritta per la festa di San Bachisio a Bolòtana e dedicata al simpatico santo che ha perso la sua “connotazione originaria”, che era in origine androgina, dionisiaca e fallica (verificate osservando i bassorilievi della chiesa di Bolòtana).
Prima o poi a frequentar bevande alcoliche ci si ubriaca. Ma c’è un rimedio, anzi una medicina, per la precisione “Sa mexina de su binu” nella storia di Germano Orrù. Dopo due litri di pura Monica di Capoterra, il bevitore del racconto esercita violenza su Clementina, la sua bicicletta, Satizzu, il suo gatto, ed infine Giuliana, la moglie. Ma per fortuna esistono i rimedi giusti, e Liberau, questo il nome del bevitore, guarisce in maniera miracolosa dal vizio del bere.
Secondo il protagonista del racconto di Gianni Zanata, invece, quando ci si ubriaca (in questo caso di birra) per amore, o per una delusione amorosa, anzi prima di una delusione amorosa, il mondo non è più tuo, “Il mondo appartiene alle rane”. Sì, alle rane: “Crah!”, sintetizza con l’onomatopea il bevitore.
Ma anche la frequentazione di “Bevande spiritose”, come rivela Paolo Maccioni, può essere nociva. Bisogna infatti stare attenti in special modo al fil’e ferru fatto in casa che si regala volentieri, bevanda molto spesso vantata dagli stessi produttori, ma il più delle volte imbevibile.
E poi ancora Gianfranco Liori e Renzo Cugis, che ci narrano del caffé, Giacomo Mameli e il suo resoconto del viaggio di Mario Soldati nell’isola, Giovanni Fancello, cuoco di-vino, Francesco Manca che scrive del regolamento (quasi ufficiale) dell’ospitalità lanuseina e Giuseppe Pusceddu con il suo brillante viaggio enoetimologico tra le etichette e i nomi degli innumerevoli vini sardi…
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In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
Il viale dell’Asinara. (di Giampaolo Cassitta)
Don Puglisi e la mafia. (di Giampaolo Cassitta)
Temo le balle più dei cannoni (di Cosimo Filigheddu)
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22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
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Sanremo non esiste (di Francesco Giorgioni)
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Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
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Morto per un infarto Gianni Olandi, storico corrispondente da Alghero della Nuova Sardegna (di Gibi Puggioni)
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