Il dato chiaro, incontrovertibile, assodato è che il centrodestra ha stravinto le elezioni regionali in Sardegna. Provare a nasconderlo o a ridimensionare quella percentuale limpida e cristallina può rasentare la malafede. Provare a spiegare il perché diventa un’altra storia. Altro dato chiaro è quello legato al pessimo risultato del movimento cinque stelle, risultato che poteva essere atteso ma non con queste catastrofiche proporzioni. Anche qui, però, ci saranno dei distinguo. La sinistra, incerottata, arraffazzonata, pasticciona ed impaurita ha retto grazie a Massimo Zedda ma ha perso in tutte le province e, esclusa Cagliari, è stata in alcuni casi surclassata nelle principali città isolane. Che il Partito Democratico risulti la prima compagine politica in Regione non sembra essere, da solo, un brillante risultato. L’autonomia non sfonda e chi ha tentato da quelle parti è rimasto ampiamente deluso: Maninchedda, Pili e Murgia non hanno superato lo sbarramento richiesto e sono fuori dal consiglio regionale. Il partito di Vindice Lecis, alternativo alla sinistra, non raggiunge il due per cento. Questa è la fotografia istantanea di ciò che è accaduto in Sardegna. Perché ci troviamo davanti questo scenario? Le risposte possono essere tante e più variegate ma, da subito, c’è un punto su cui è necessario partire: il popolo del web non ha più la forza dirompente di una volta. Non sono bastate le sottili ironie sulle sporadiche presenze in video del nuovo presidente della Regione, non è servito polemizzare sulle sue presunte lauree e non ha portato fortuna a Zedda il ricorso alla canzone “vado al massimo” del grande Vasco Rossi. La battaglia si è combattuta altrove e non a colpi di Twitter. Pare, invece, sia ritornata di moda la vecchia campagna “porta a porta”, utilissima e forse indispensabile nelle competizioni locali ed infatti chi si è adagiato sulle pagine social non ha ottenuto brillanti risultati. Anche tempestare i propri conoscenti presenti nella rubrica telefonica con incessanti e ripetuti appelli, con tanto di foto e ammiccamenti vari su Wathsapp, non mi pare abbia ottenuto i risultati attesi. Il vento era altro e non era sardista, come si diceva una volta. Il vento, piuttosto forte ed impetuoso, è quello di Matteo Salvini che riesce a catalizzare l’attenzione sui pochi e chiari temi che funzionano anche in Italia: la paura per gli altri. E in Sardegna, che atavicamente considera nemico chi “furat in domo e chie benit dae su mare”, questo atroce gioco ha, purtroppo, funzionato e ha sbaragliato chi, invece, tentava di proporre altre strade. Ha vinto chi non ha proposto un programma per i prossimi vent’anni, ha vinto chi ha lavorato sulle emozioni forti, chi ha promesso lo smantellamento della riforma sanitaria e la riapertura degli ospedali. Che poi se in Lombardia, per esempio, dove governa la Lega, i piccoli ospedali sono stati chiusi, è argomento che poco interessa a chi ama la “propaganda” del capitano. Ha vinto Solinas e Solinas ha il sacrosanto diritto e dovere di governare. Lo dovrà fare partendo da alcuni nodi “difficili”: uno su tutti quello relativo alla protesta dei pastori. Ci sarà da rivedere la questione degli aeroporti, delle province, della salvaguardia delle coste e dovrà spiegare la questione del nucleare. Dovrà farlo cercando di convincerci che sarà un presidente autonomo. Il professor Pigliaru lascia, da oggi, l’agorà politico e per quei suoi cinque anni trascorsi da gentiluomo onesto va senz’altro ringraziato. Probabilmente ci renderemo conto che il suo governo non è stato tra i peggiori, anzi. Oggi però si volta pagina e la musica nel pentagramma della politica sarda è cambiata. Si tratta di capire se è quella giusta. Certamente quella voluta dal popolo votante e al popolo, in democrazia, ci si inchina.Unica nota di colore: ma perchè in tutti i programmi nazionali il sindaco di Cagliari Massimo Zedda è chiamato Dzedda e non Tzedda? Piccolo mistero che si aggiunge a quel modo errato e terribile di continuare a chiamare Nuòro e non Nùoro la città del premio Nobel Grazia Deledda. E, a proposito di donne: dalle ultime notizie che giungono non pare che la legge che imponeva la preferenza di genere abbia modificato la composizione del consiglio regionale a favore delle donne. Anche di questo, probabilmente, occorrerà riparlarne.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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