Morire a 26 anni per aver amato il proprio mestiere. Oggi, 19 settembre 2019 Giancarlo Siani avrebbe compiuto sessant’anni. La mia età. All’epoca del suo assassinio lavoravo nel carcere dell’Asinara e presso il transito vecchio (dove nel 1992 ci sarebbe finito Totò Riina) c’era l’allora capo della Nuova Camorra Organizzata: Raffaele Cutolo. Dentro i miei ventisei anni (gli stessi di quelli di Siani) ebbi come un motto di disgusto, un dolore forte, intenso, un dolore che non poteva essere lavato con il tempo. Perché non si può morire a quell’età e non si può morire perché gli assassini vogliono affermare il proprio potere. Chi decise il suo omicidio erano quelli del clan Nuvoletta e Giancarlo era reo di aver fatto semplicemente il suo mestiere: quello di denunciare la famiglia che era, a quei tempi, alleata ai corleonesi di Totò Riina e in guerra con Cutolo. Erano gli esponenti della nuova famiglia e vendettero un rivale alla giustizia. Giancarlo Siani venne a conoscenza di questa trattativa tra Stato e camorra (non la prima, non l’unica e non l’ultima) e la denunciò su suo quotidiano “Il Mattino”. I fratelli Nuvoletta con quella rivelazione divennero una sorta di “infami” e le infamità, come si racconta da quelle, parti vanno lavate con ‘o sang’. Lo uccisero il 23 settembre 1985 quando era ormai arrivato a casa a bordo della sua bellissima Citoren Mehari, un’auto di altri tempi, come il nostro piccolo grande giornalista. Ricordo quel maledetto giorno e ricordo i silenzi della seconda sezione di Fornelli dove vi erano moltissimi camorristi appartenenti alla NCO mentre nell’altra sezione i rumori sordi servivano a sottolineare un atto ritenuto giusto: erano quelli della Nuova famiglia, quelli del clan nuvoletta, i mandanti dell’assassinino di Giancarlo. Furono giorni terribili, trascorsi a masticare rabbia. Oggi Giancarlo avrebbe la mia età e vorrei raccontargli tutto quello che è successo dal 19 settembre 1985 , giorno della sua scomparsa, , comprese le condanne dei suoi assassini, compreso un processo che è dovuto ripartire, compresa la mia rabbia livida che è divenuta ombra che mi accompagna. Oggi è comunque il tuo compleanno Giancarlo. A zent’anni. Perché gente come te, per fortuna, non muore mai.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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