01-00074537000064 - 25 APRILE 1945 LA LIBERAZIONE - SECONDA GUERRA MONDIALE - CANTO FESTOSO DI UN GRUPPO DI PARTIGIANE FIORENTINE DOPO LA LIBERZIONE DELLA CITTA' .
Chissà perché ma il mio orizzonte letterario, musicale, artistico che dir si voglia è costellato da molte donne. Ci ho riflettuto molto alla luce dell’articolo apparso su Robinson (supplemento domenicale di Repubblica) a firma di Michela Murgia e dal contenuto accattivante: la cancellazione della “donnitudine”. Michela afferma che per le scrittrici ci sono due tipi di festival dove si può essere invitate: quelli generalisti e quelli che vanno sotto l’etichetta del “festival di letteratura femminile”, dove le donne sono la totalità e il pubblico le rispecchia. Potrei dire che da maschietto “scrittore per caso” al secondo tipo di festival non potrei mai essere invitato, ma non è questo il punto. Sono un uomo di parte (e anche di mondo, a dire il vero) e nella mia lavagna delle preferenze esiste una linea verticale che separa due categorie: cose belle da amare e cose brutte da evitare. Non ho mai pensato di suddividere in sottocategorie le mie drastiche e necessarie scelte, non ho mai pensato a binomi come: bianchi-neri, nord-sud, America-Europa, alti-bassi, belle-brutte e, soprattutto, non ho mai scelto nulla in base al sesso: uomini-donne. Michela Murgia afferma che in questo mondo, purtroppo, è ancora necessario “costringere qualcuno a riconoscere la nostra esistenza, la nostra competenza e la nostra autorevolezza” (parla delle donne) e, cestina gli inviti ai festival per “sole donne” in quanto li considera – direi giustamente – “ghetti dove si perpetua la convinzione che la scrittura delle donne sia un sottogenere letterario della lettura vera”. Sono profondamente d’accordo. Le donne non sono un sottogenere, ma fanno parte delle preferenze: possono stare (esattamente come gli uomini) dalla parte delle cose belle o da quella delle cose brutte, non in quanto donne ma semplicemente perché quello che dicono, scrivono e rappresentano, può non piacere. Michela Murgia, per esempio, cita un libro “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenair che per me rimane uno dei libri più alti e più belli mai scritti dal genere umano. Non solo: aggiungerei, sempre della Yourcenair, quella straziante, bellissima e struggente lettera che un marito scrive alla moglie confessandogli la sua omosessualità: “Alexis, o il trattato della lotta vana“. Li ho amati e li amo moltissimo, come “Un uomo” di Oriana Fallaci, “La casa degli spiriti” di Isabel Allende, “Giorno da cani” di Alicia Giménez Barlett, solo per citare alcune donne che sono “letteratura”, insieme a Roth, Eco, Pirandello, Pasolini per citare altri personaggi che stanno a sinistra della mia lavagna: cose belle da amare. Così anche nella musica spazio da Patti Smith a Leonard Cohen, da Bob Dylan a Madonna, passando per Lady Gaga e Joan Baez, con un leggero spruzzo di BabyK e Fiorella Mannoia. E’ vero, come afferma Michela Murgia che “ci sono alcune librerie dove persistono scaffali in cima ai quali signoreggia l’assurda etichetta letteratura femminile” ma non credo che si trovino, in quegli scaffali, i libri della Morante o della Pastorino e della stessa Michela. Quei libri, per fortuna, si trovano negli scaffali “generalisti” dove non è importante essere uomini o donne, ma è importante scrivere storie che piacciano a chi le legge. Non ho mai deciso, finora, di acquistare un libro perché scritto da una donna o da un uomo, non ho mai deciso di vedere un film scegliendo sul sesso del regista, non ho mai acquistato un disco in base al fatto che l’interprete fosse donna o uomo e non ho mai votato “donna” solo perché così si garantisce l’elezione a signore che potrebbero diventare onorevoli solo ed esclusivamente “in quanto donne”. Sulla mia lavagna sia a destra che a sinistra ci sono molti nomi e, a dire il vero dalla parte “buona”, nelle cose belle da amare, scopro che ci sono, probabilmente più donne. Michela Murgia compresa.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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