Guardare con gli occhi di una sarda. Questo era il prodotto delle fotografie di Antonia Dettori. Forti, secche, spigolose come la vita. Però non basta la retorica per dipingere una storia. Io Antonia l’ho conosciuta. Perché scriveva e ci eravamo scambiati alcuni punti di vista sul racconto e su come si costruiscono le storie. Io usavo le parole come immagini e lei, al contrario, giocava con le immagini che diventavano parole. Antonia la conoscevo perchè eravamo colleghi. Alla ricerca di soluzioni per cause perse e definite: lei assistente sociale, io educatore. A camminare tra il carcere e le possibilità. Ad inciampare, sopratutto. Si dovevano cercare i volti e le storie tra i milioni di sospiri che capitavano quotidianamente. Questo Antonia faceva, questo Antonia fotografava. Mi chiese, un giorno, di voler raccontare Mamone, i suoi silenzi, quegli occhi immensi che hanno i detenuti quando guardano il mondo a colori. Continuava a scrivere piccoli racconti e qualcuno lo lessi. Decise, negli anni, di lasciare in tasca le parole scritte ed utilizzare solo la macchina fotografica. L’obiettivo era raccontare il mondo, la Sardegna, gli umori e gli amori di una terra antica. Poi il vuoto pneumatico che ti contorce e ti cancella, in un attimo, tutte le possibilità di un mondo che camminava dentro la macchina fotografica. Il tumore ha bussato, quasi violentemente e non ha lasciato spazio. Altra croce dentro il prato della mia vita. Altra storia che ho osservato da vicino e che, adesso, non c’è più. Quando cominci a conoscere i morti significa che sei vecchio, si diceva una volta. Ma non è così. Antonia aveva la mia età e tantissima voglia di vivere e di fotografare. Ormai è tardi ma, a pensarci bene, non mi sono mai fatto fare una foto da Antonia. Me lo aveva promesso e, ridendo, quasi minacciato. Il prato aggiunge una croce e vicino una reflex che racconta una storia di una ragazza con occhi eternamente da sarda. Ciao Antonia. Mi raccomando, usa bene il grandangolo per osservare i nostri passi dentro questa stanca e forte terra.
la foto è di Antonia Dettori. Cala d’Ambra, S. Teodoro.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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