L’antropomorfo Politeama Verdi avverte il suo pubblico: sono vecchio, ho più di 130 anni, ma non sono immortale, io vivo di voi, voi dovete esserci sempre. E gli rispondono gli applausi e i “bravo!” alla splendida “Siciliana” di un Turiddu che sta scalando il mondo, il tenore italiano e sassarese Matteo Desole.
A sintetizzare oltre misura questa artistica, elegante e teatrale “visita guidata” del Verdi di via Politeama, cattedrale mai sconsacrata, nonostante ogni tentativo, del teatro sassarese, citerei quelle due emozioni: il più bello tra i monologhi dell’attore Maurizio Giordo e soprattutto le performance (in particolare quella della Cavalleria) dell’ottimo Desole.
“Il Verdi racconta”, alla seconda edizione, conferma l’efficacia dell’idea di Monica De Murtas, autrice e regista di questo complesso e affascinante storytelling che – siano attori, cantanti solisti, danzatori e danzatrici, musicisti e coristi – impiega almeno ottanta artisti. Un’operazione resa possibile dalla collaborazione della Cooperativa Teatro e/o Musica, che ha acquisito ormai da alcuni anni la gestione del teatro tenendone vivo il ruolo centrale nella cultura cittadina e dimostrando che la sua storia non è una sfilata di fantasmi e di rimpianti ma un processo ben vivo.
La formula è nota. L’attore Maurizio Giordo, poliedrico e professionale, come dev’essere un buon politeama, interpreta un teatro Verdi che racconta se stesso, mostrandosi al suo pubblico, fisicamente, in ogni suo angolo, da quelli rituali del foyer e della platea, a quelli nascosti al pubblico e solitamente aperti soltanto agli addetti ai lavori, la suggestione dei camerini, del golfo mistico, dei sentieri di scale segrete e corridoi che percorrono le viscere di questo monumento cittadino attraverso le ricostruzioni e sovrapposizioni dal 1884, sino all’incendio del 1923, alla rinascita del 1926 e alla ristrutturazione parziale del secondo dopoguerra. Il Verdi con Giordo si svela con sentimento e attoriale sapienza, mentre allo storico dell’arte Alessandro Ponzeletti è affidato il ruolo della narrazione – storica, appunto – nella sua oggettività e minuziosa esattezza.
Ad accompagnare questo percorso, una drammatizzazione a tratti fantasmagorica, ma sempre comprensibile, didascalica ma non precettistica, difetto che qualche volta precipita queste forme di narrazione teatrale nella noia, una coreografia scenicamente persuasiva, fatta non soltanto di danzatori ma anche di luci, suoni e soprattutto attori che simboleggiano i vari generi teatrali del politeama nella sua lunga e ancora viva storia: dalla lirica al varietà, al cinema, l’avanspettacolo, la prosa e persino il pugilato.
Il clou è stato Matteo Desole. Sulle scale che conducono al piano superiore del teatro, verso la sala concerti, è comparso inaspettato (nella foto in alto) e ha eseguito la tutt’altro che facile serenata di Turiddu a Lola, la cosiddetta “Siciliana”, il noto fuoriscena della Cavalleria Rusticana di Mascagni accompagnato secondo spartito solo dall’arpa e in questo caso dal pianoforte. Chi non lo aveva ancora udito dal vivo ha avuto conferma di ciò che si dice di questo cantante che dopo avere studiato pianoforte al Conservatorio di Sassari si è formato al canto in una delle più prestigiose e selettive scuole d’Europa, quella diretta dal grande soprano Rajna Kabaivanska e, a trent’anni appena compiuti, è già padrone in teatri di importanza mondiale di un repertorio che spazia da Verdi, a Donizetti e Puccini. In questa “Siciliana” Desole ha esibito un colore che ormai assume una personale e riconoscibile connotazione, perfetto e limpido, un’estensione con acuti esemplari, finiti e senza ombra di forzatura, un volume consolidato nella sua tranquilla potenza e una dizione chiarissima, pregio sempre prezioso nella lirica e tanto più apprezzabile, nell’occasione, in una pagina librettistica interamente scritta in dialetto siciliano. Successivamente un’altra bella prova quando con il giovanissimo ma già maturo soprano Chiara Cabras ha affrontato il “Brindisi” dal primo atto della Traviata. Desole è stato accompagnato dai pianisti Luca Sirigu e Gianluca Paschino.
Si diceva che Monica Demurtas ha abilmente coordinato circa ottanta artisti. Citiamo tra questi il coro della Polifonica Santa Cecilia e la corale Canepa, i danzatori Valentina Solinas, Noemi Zucca, Giomaria Carboni, oltre agli allievi del laboratorio teatrale Racconti Erranti Factory Iole Scarduzio, Valentina Figoni, Laura Mulas e Antonietta Serra. Coreografie del balletto del Mediterraneo; consulenza musicale di Gabriele Verdinelli, consulenza artistica e sound designer Matteo Gazzolo, costumi di Fabio Loi, disegno luci di Tony Grandi. Fonica di Marcello Cubeddu.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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