Successo a Porto Torres della pièce di Rodolf Sirera “Il veleno del teatro” messo in scena dalla Compagnia Teatro Zeta dell’Aquila. Si tratta di un lavoro che ha avuto un notevole riscontro a livello internazionale essendo stato tradotto in una decina di lingue. Un testo diventato un classico della produzione iberica contemporanea. L’autore, direttore del Teatro Principal di Valencia nonché drammaturgo scrisse quest’opera nel 1978 e da allora è stato rappresentato in tutta Europa.. All’aprirsi del sipario, ci troviamo di fronte ad una stanza di un palazzo decadente alla fine del 700, illuminata da un disegno luci caravaggesco. In scena due attori..Un nobile, già avanti con l’età, siamo alle soglie della rivoluzione francese, invita un attore molto famoso,chiedendogli i di esibirsi per lui, soltanto per lui, in esclusiva, promettendogli di poter pagare qualsiasi somma per soddisfare quello che “sembra” solo un capriccio. Sulle prime il giovane attore Gabriel è riluttante ma poi il danaro, la vanità, la passione per l’esibizione hanno la meglio su di lui. Il marchese non sarà mai soddisfatto del risultato, vuole sempre di più, fino all’immedesimazione assoluta; l’attore deve recitare la morte di Socrate, ma Socrate è solo un pretesto. Si sviluppa tra i due un serrato e appassionato dialogo su due teorie opposte di recitazione: quella guidata dal cervello e dalla professionalità, secondo la teoria di Diderot nel suo libro il “Paradosso sull’attore”, o viscerale, istintiva, estrosa e legata all’improvvisazione come sostiene il marchese che per cinismo e disprezzo della vita umana ci ricorda “De Sade”. La dialettica dei due si spinge fino a sfiorare e colpire infine i valori fondamentali dell’esistenza. Ci troviamo di fronte a una commedia noir in cui si alternano equivoci e prevaricazioni giocata sul ritmo e sul filo di un dialogo brillante e tagliente che affascina e coinvolge lo spettatore fino al colpo di scena finale in cui l’attore muore davvero sulla scena avvelenato dal cinico Marchese. Si tratta di un gioco perverso, intrigante ricco di suspense in cui la provocazione intellettuale s’intreccia con quella emotiva. Assistiamo allo scontro tra due mondi quello aristocratico ormai in decadenza e quello borghese in ascesa, anche se qui soccombente. Un teatro fatto di tensione , di inquietudine interiore, che alterna realtà e finzione secondo la concezione pirandelliana del teatro.. La regia di Brando Minnelli esalta questa dicotomia e costruisce uno spettacolo rigoroso, preciso nel ritrarre e farci capire la differenza fra due mondi opposti quello de’aristocrazia ormai arrivata al nadir e quello borghese che si sta sostituendo alla prima. Emanuele Morgese, nella parte dell’attore e Salvatore Della Villa in quella del Marchese sono straordinari. Scene e costumi curatissimi sono di Lorenzo Catuli. Lo spettacolo è stato a lungo applaudito.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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