A volte sono i gesti a descrivere le situazioni. Non bastano libri e lunghissimi racconti per spiegare certe cose. Gli uomini, quando utilizzano il linguaggio non verbale, sono perfetti giornalisti e scrittori. Nessuno, per esempio, può spiegare le lacrime di un popolo o il silenzio di uno stadio quando è immerso nella costernazione. Il gesto è stato il principale protagonista del 50esimo anniversario dalla nascita dell’Universita Brunel University, a Londra dove, davanti ad una platea di studenti, era stata invitata ad un dibattito Katie Hopkins, un’opinionista molto nota in Gran Bretagna, una di quelle che è sempre presente in televisione a discettare di varia attualità. Tutti gli studenti, quando la signora ha cominciato a parlare, si sono alzati e, in silenzio, hanno abbandonato l’aula. Un gesto fortissimo, enorme, apparentemente incomprensibile. L’opinionista però era ben nota agli studenti in quanto davanti a milioni di persone, in uno di quei dibattiti televisivi piuttosto accesi, aveva paragonato gli immigrati a scarafaggi. Un gesto che racconta milioni di parole e che spiega benissimo i limiti della decenza e del dissenso. Senza nessuno spreco di parole, senza dover ribattere, rintuzzare, spiegare, provare a far comprendere chi non vuole mai sentire le ragioni degli altri, chi è gonfio di “io” e non riesce mai a pensare al “noi”. Quel “noi” costituito dagli studenti londinesi che ha dato uno schiaffo terribile a chi si siede sulle sedie dei vari talk show convinto di camminare con le parole giuste. Ho lievemente sorriso. E’ lo stesso gesto che attuo quando mi appare la Santanchè o Salvini schiumanti di rabbia: cambio silenziosamente canale. Lo faranno in tanti, credo. Sarebbe bello che alle prime sciocchezze di questi curiosissimi e noiosissimi personaggi da video, gli spettatori si alzassero e, in silenzio, guadagnassero l’uscita. Sarebbe un gesto semplice, chiaro, democratico. Questi signori si sentirebbero più soli e capirebbero lo schiaffo del silenzio. Che fa molto male, più di mille parole.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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