La notte del 28 settembre del 2003 mentre a Roma si svolgeva la notte bianca e le strade erano affollate di gente, un abete, nelle Alpi Svizzere, oscillò per un po’ al forte vento finché crollò sopra un cavo dell’alta tensione. Improvvisamente Roma piombò al buio, in uno scenario di confusione apocalittica. Quella notte l’Italia stava importando dalla Svizzera circa il 25 % del suo fabbisogno di energia elettrica. L’Italia è autosufficiente, ma la notte, per ragioni di sicurezza, preferisce importare energia dalla Francia e dalla Svizzera, via Svizzera. Quel lontano incidente scatenò una incredibile sequenza di reazioni a catena, che portarono i cavi dell’alta tensione, uno dietro l’altro, ad entrare in protezione. Fu il più grande black-out della storia italiana, durato, in certe parti della penisola, anche un giorno intero. Solo la Sardegna ne uscì indenne. La Sardegna, infatti, era autosufficiente: bastò interrompere il collegamento con il vecchio cavo SACOI che collega l’isola all’Italia passando per la Corsica, e non successe nulla. Nel 2006 un altro black-out, meno grave per fortuna, scosse il Nord Italia (che consuma più energia elettrica di quella che produce) e parte del paese. Anche in quel caso la Sardegna non subì nessun disservizio. Nel 2006 Terna, la società che avendo rilevato l’ENEL, gestisce le linee elettriche del paese, iniziò a progettare un nuovo cavo, il SAPEI, per collegare la Sardegna con l’Italia. Un’opera gigantesca, che ha impiegato 750 milioni di investimento, metà privati e metà della banca Europea. Il cavo dei record, considerato, nel suo genere, una dei più avanzati dal punto di vista tecnologico del mondo, è stato realizzato in poco più di 3 anni, iter burocratico compreso, un cosa davvero singolare per le lungaggini italiane. Stiamo parlando del più lungo ponte elettrico al mondo con quella potenza (1000MW), il più profondo del mondo (1640 metri), e dove ha lavorato la nave posacavi più grande del mondo, dell’azienda italiana Prysmian, leader mondiale nel settore; e questo per restare solo ai record mondiali. Nel 2011, a Latina, il cavo delle meraviglie, venne inaugurato in pompa magna dal governo italiano nelle celebrazioni dell’unità d’Italia, per il suo alto valore simbolico, dato che unisce l’Italia alla sua regione più remota, la Sardegna. Ma la domanda che noi sardi, come al solito diffidenti per natura, sempre lamentosi e mai contenti, ci facciamo ora è: perché? A che serve questa costosissima meraviglia della tecnologia costruita a tempo di record? Leggiamo le motivazioni che si leggono nel sito ufficiale del SAPEI di TERNA: aumento della sicurezza del sistema elettrico sardo (i 1.000 MW del SA.PE.I. corrispondono a oltre il 50% del fabbisogno della Sardegna) risparmi di 70 milioni di euro l’anno per il sistema elettrico grazie alla rimozione dei “colli di bottiglia” tra la zona Sardegna e il resto del mercato elettrico. aumento della sicurezza della copertura del fabbisogno del Lazio e del centro Italia grazie all’utilizzo di produzione efficiente anche dalla Sardegna riduzione di oltre 500 mila tonnellate l’anno di CO2 in atmosfera per effetto del maggior utilizzo di energia rinnovabile opportunità per gli operatori elettrici di partecipare con minori vincoli al Mercato Elettrico garantendo allo stesso tempo maggiore flessibilità e sicurezza di esercizio del sistema possibilità di esportare dalla Sardegna verso il continente produzione termoelettrica più efficiente (1/3 delle centrali elettriche è alimentato a carbone) e produzione da fonte rinnovabile, in particolare eolica, in forte sviluppo.
Mettere in sicurezza la rete elettrica dell’isola. Ma abbiamo visto che storicamente la rete dell’isola è piuttosto sicura, anzi. Dal 2003 ad oggi, a causa del crollo della grande industria e dell’istallazione di nuove energie rinnovabili nel paese, la Sardegna ha aumentato l’esportazione di energia, da un sostanziale pareggio ad un surplus del 30% e più. E questa è l’unica motivazione, peraltro dubbia e comunque molto generica, che ha una qualche utilità per l’isola. Le altre motivazioni sono, evidentemente, a beneficio del resto d’Italia. Ma, soprattutto, da dove verrebbero queste 500 mila tonnellate di CO2 risparmiate? Verrebbero dagli impianti di energia rinnovabile della Sardegna che finalmente avrebbero uno sbocco. Si legge infatti che è stato calcolato un risparmio di 70 milioni di euro, a causa del superamento del collo di bottiglia che esisteva prima. Significa, in pratica, che molta energia andava perduta perché con il vecchio cavo SACOI da 300MW non si riusciva a trasportarla tutta e si disperdeva. Ma si tratta di energia in uscita, dalla Sardegna alla penisola. A quanto pare, non tutte le aziende produttrici potevano competere nel mercato a pari condizioni, proprio a causa di questa limitazione. Ora con questo cavo c’è la possibilità di produrre dall’isola un carico di energia notevolmente superiore. Via libera al mercato, insomma. Ed infatti in Sardegna, negli ultimi anni, si è scatenata una vera e propria caccia alle autorizzazioni per installare ogni sorta di impianto per le energie rinnovabili, che godono di incentivi pubblici, e non rinnovabili, come la ricerca per il giacimento di metano nell’Oristanese condotta dalla SARAS, il cosiddetto progetto “Eleonora”. Sono da intendersi in questo senso le dichiarazioni del ministro dell’Ambiente Galletti che ha dichiarato che la Sardegna sta diventando lo “show room” delle energie alternative, spiegando inoltre che la Sardegna deve puntare decisamente sulla chimica verde. Ed in quest’ottica si deve leggere la levata di scudi, da parte degli ambienti manageriali del nord Italia, da sempre la più “affamata” di energia, della bocciatura da parte della Regione del progetto Eleonora. In particolare, oltre all’”organo ufficiale”, il Sole24Ore, anche il noto manager “ambientalista” Chicco Testa, già presidente, manco a farlo apposta, dell’ENEL, che protestò contro questa decisione con un articolo di fuoco, persino venato di sarcasmo nei confronti della Sardegna e dei sardi. Insomma, questo meraviglioso cavo mette in sicurezza la penisola, in particolare la città di Roma, e fa fare affari d’oro alle imprese, alle multinazionali dell’energia, in particolare del Nord-Italia. E la Sardegna? Cosa ci guadagna la Sardegna da questo investimento che unisce l’isola al continente? Praticamente nulla di realmente tangibile. Anzi rischia, sotto la pressione affaristica, di vedere il suo territorio agricolo e turistico occupato, inquinato e trasformato per la produzione di energia di cui non ne avrebbe beneficio di nessun genere. Ed infatti il governo di turno ha già pensato bene di attivare un meccanismo legislativo che, partendo addirittura dalla modifica della Costituzione, toglie potere decisionale alle Regioni consentendo una via amministrativa privilegiata per l’installazione di impianti energetici. Tutto questo mentre la strada più importante dell’isola, la SS131, è un cantiere infinito, e non si trovano i fondi per una delle più importanti scoperte archeologiche del secolo, proprio a pochi chilometri da quel giacimento di metano che, invece, a quanto pare, riveste tanta attenzione per la nazione.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Cara Cora (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design