Vi chiedo di ascoltarmi. Capisco che è difficile parlare dai confini della vita, così com’è difficile inventarsi qualcosa dall’ultimo banco, dalla galleria, dalla panchina, dai margini dell’esistenza. Però qualcosa la vorrei anche dire adesso che sono qui, da solo a leggere queste pagine vuote e senza senso. Pagine respingenti. Pagine che non analizzano nessuna situazione. Partono da un presupposto, chiaramente oggettivo e giusto: sono colpevole e dunque poco degno per tutto. Non c’è nessuno che prova a camminare con le mie scarpe, che prova, lentamente, a riavvolgere il nastro delle mie cazzate, dalle marachelle a scuola alla svogliatezza adolescenziale, sino alla certezza da parte di tutti che io ero costruito male. Capelli lunghi e sporchi, amicizie strane, lo sballo come orizzonte, il buco, la forza, la violenza di qualcosa che si spara nelle vene e sale a varcare la soglia della follia, dell’orgasmo. Perché di questo si tratta: il buco è l’anticamera dell’amore vero, forte, impulsivo. Stronzo. Poi ho passato le notte scimmiato, a cercare cento lire, qualcosa che servisse a raccogliere una birra, un sussulto, una parola. Un cazzo. Perché poi non ti lasciano neppure il marciapiede per poter stare con i tuoi amici, i cani, i pochi ricordi e l’immensa disperazione di aver sbagliato tutto. Sbattersi per poi trovare qualcuno che ti faccia credito, una pera è un furto illegale, ma nessuno paga. Il tossico sono io. Lo stronzo sono io. Il coglione, il reietto, quello che vomita l’appartamento, quello che non ha nessun diritto sono io. Neppure adesso, dopo tanti anni la lezione, l’ho capita. Così, davanti al giudice, ieri, ho provato a raccontare che la comunità non mi serviva e che il carcere non mi serviva e non mi serviva un cazzo e non mi serviva la cocaina e che adesso hanno ripreso con il giro dell’eroina, hanno deciso che questa costa meno, che possiamo benissimo ripartire nelle scimmie quotidiane, possiamo benissimo ritornare indietro. Come la moda: una volta andavano i pantaloni a zampa d’elefante, poi a sigaretta e poi, ancora, a zampa d’elefante. Adesso per noi, pezzi di merda è ritornata l’eroina, il buco, la ricerca delle vene, il cucchiaio ed il limone I vecchi e bastardi riti. Che ne sapete voi, che cazzo ne sapete voi di questa vita? Adesso ci si buca in silenzio, senza costruire troppi clamori. Dite che c’è molta violenza in un ago che squarta le vene? La stessa che si produce con quel cazzo di silenzio che mi sovrasta. La cocaina è passata, costa troppo. I trip non sono più di moda e le pasticche distruggono subito il cervello e lo stomaco. Siamo ripassati all’eroina. Ha un buon prezzo, è silenziosa, cammina lenta e inesorabile. La scimmia che nessuno vede. VI chiedo di ascoltarmi, ma a voi non ve ne frega un cazzo. Però, da qualche parte ci sarà qualcuno che comincia a scrivere a dire e a raccomandare: ragazzi, guardate che l’eroina è ritornata. Ed è un pessimo ritorno. VI chiedo di ascoltarmi. Perchè sto male.
P.s. Il mercato mondiale si sta lentamente spostando sull’eroina. La cocaina ha un prezzo troppo alto e, a quanto pare, i signori della droga hanno moltissima eroina da smerciare. Il prezzo di quella che era definita la droga degli “sfigati” è crollato e sta inesorabilmente rientrando nel mercato. Forse è il caso di parlarne.
Per provare a riflettere, ecco un articolo sul ritorno dell’eroina negli USA come sostituto degli anti-dolorifici
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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