“Tu sei animalista?”.Mi sembrava un trabocchetto e ho esitato prima di rispondere. Poi ho confermato: lo sono, ho la casa piena di gatti, detesto la caccia e tutte quelle manifestazioni dove certe povere bestie vengono costrette a correre o esibirsi per ordine dell’uomo padrone.“Ma lo sei fino a questo punto?”La mia amica teneva tra le mani una piccola gabbia e mi ha invitato a guardarci dentro.C’era un topo.Non uno di quei topolini di campagna che ancora ancora fanno simpatia, no, questo era un ratto, un topo di fogna.Col pelo grigiastro lercio e la coda lucida e viscida. Repellente, girava su se stesso facendo avanti e indietro nei pochi centimetri della sua cella.L’avevano catturato nelle cucine del palazzo e la mia amica aveva ascoltato inorridita i programmi dei suoi carcerieri, ciascuno dei quali aveva una sua crudele idea per toglierlo di mezzo facendolo soffrire il più possibile.“Non vi preoccupate, ci penso io”.Si è presa la gabbietta e ha portato il topo all’aperto, liberandolo in campagna.Non so perché i topi facciano così schifo a noi umani.Forse li associamo inconsciamente alla peste o forse perché danno l’idea di essere sporchi. Oppure perché quando si nascondono nelle cantine rosicchiano tutto quel che trovano.Però, pensandoci bene, non ho ben chiaro il perché io dorma con due gatti nel letto e perché, invece, mai accetterei di condividere la mia stanza con un topo.Comunque il ratto non si vorrebbe ratto, non ha scelto lui di esserlo e di scatenare in noi questo bisogno di sopprimerlo con la violenza.La sua natura lo ha voluto così.
A me è sembrato che per i milionari intrappolati nella loro gabbia in fondo al mare, prima del tragico epilogo, ci sia stata una reazione collettiva soddisfatta, un “ben gli sta!” simile all’esultanza che non riusciamo a trattenere quando si cattura il malefico topo usando per esca un pezzetto di formaggio.Questo sfizio così costoso li ha posti agli occhi del pubblico sullo stesso piano di simpatia dei ratti.Magari noi umani facciamo schifo ai ratti quanto loro fanno schifo a noi. Se così fosse, io trovo che in giorni come questi i topi abbiano ragione.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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