Trama lunga:
Il film si apre con la scena di un padre che deposita un quinto della sua pensione nel conto corrente dell’uomo che vorrebbe vedere morto: la legge lo obbliga a risarcire il tizio che ha molestato la figlia. Poi, attraverso sapienti flashback, il regista ricostruisce l’intreccio e lo spettatore comprende che la protagonista è una giovanissima studentessa di 15 anni, vittima delle attenzioni sessuali del suo professore di quasi 60.
Costretta, per un intero anno scolastico, a frequentare le lezioni e guardare in faccia quel mostro che ha saccheggiato e depredato la sua fanciullezza, privandola della legittima spensieratezza. Un giorno la ragazzina non ce la fa più e parla: quell’attempato docente, alle soglie della pensione, anziché insegnarle storia dell’arte le aveva fatto conoscere l’orrore delle molestie. Faenza è la sonnacchiosa cittadina emiliana che fa da sfondo alle vicissitudini dell’adolescente e del suo untuoso insegnante che, in un magistrale ribaltamento di ruoli, si ritroverà a indossare i panni della vittima. Dopo tre gradi di giudizio la legge riconosce le colpe del docente e lo condanna a 3 anni di reclusione e al risarcimento di 65.000 € alla famiglia della studentessa. Ma il prof, che in carcere trascorre soltanto 3 mesi, avrà l’accortezza di svuotare i conti correnti, intestare i suoi beni a qualcun altro e ripulirsi la coscienza.
Il resto della partita si gioca ancora tra le aule di tribunale e gli avvocati della ragazza lo querelano per non aver ottemperato alla disposizione del giudice. Condannato anche al secondo grado di giudizio il professore continua ad eludere. Non resta che provare con la giustizia civile, alla quale si rivolge la famiglia della ragazzina. E qui l’intreccio raggiunge il vertice del pathos: il magistrato dispone che non solo il professore non debba pagare un soldo, ma che a risarcirlo di 40.000 € sia la famiglia della ragazza.
La fine è pressoché prevedibile: la protagonista, non più ragazzina dopo 7 anni di cause e gradi di giudizio, lascerà due righe ai genitori per scusarsi, farà passare una corda in una trave del soffitto e indosserà quella macabra collana fino a quando le sue gambe penzoleranno nel vuoto.
Durata 7 anni
Colore C
Genere Drammatico Specifiche tecniche 35 MM, panoramica.
Vietato 18
La brutale violenza delle situazioni viene narrata con mirabile realismo. Malgrado la ovvia asprezza di tanti momenti e gesti, la gravità della trama e la pesantezza del linguaggio, è il finale a lasciare interdetto lo spettatore: la vittima che si toglie la vita perché sopraffatta dal senso del peccato che, invece, il suo carnefice non avverte. La vittima colpevole non è solo un ossimoro, ma un astuto paradosso che nasce dove la fantasia dello sceneggiatore non conosce barriere.
Si esce dalla sala cinematografica con un vago senso d’inquietudine dopo un film che fa riflettere, dove alla fine ci si rende conto che la realtà supera l’immaginazione. Lo spettatore non lo sa, ma quella narrata è una storia reale. Drammaticamente assurda e tragicamente vera.
Potete leggerla qui http://www.corriereromagna.it/news/ravenna/12740/–Sono-costretto-a-risarcire.html
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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