Quando le vedo alzarsi frettolose dal banco, con le lacrime in tasca pronte a tracimare, e scappare in bagno a struggersi di dolore, scivolando sulle piastrelle come sabbia di una clessidra io vorrei inseguirle e dire loro che la favoletta del primo amore, scolpito nella mente per tutta la vita, è una colossale minchiata.
Perché me le ricordo bene le pagine e pagine di diario, traboccanti di cuoricini. Le farfalle nello stomaco e tutto lo zoo che mi aveva creato S. nell’apparato gastrointestinale, anche se una vera storia d’amore tra me e lui non si era mai concretizzata.
Era platonico quel sentimento struggente della mia adolescenza. Era di un rosa intenso il colore emotivo con cui dipingevo i miei pensieri quando S. vi si affacciava.
Perdutamente innamorata di lui, senza mai averci scambiato manco una parola, fino al giorno in cui amici comuni si erano adoperati per lasciarci soli in una fredda panchina di granito. Lui vagamente insofferente, io drammaticamente imbarazzata. Ero forse affamata d’amore, del suo amore, e avrei offerto guance e bocca per baci incapaci che non sono mai arrivati. Invece porgevo collane di parole che lui nemmeno raccoglieva, lasciandole lì a scivolare insieme al pomeriggio che se ne andava.
Ero rientrata a casa annaspando nel dolore e avevo trascorso minuti, ore, giorni e settimane a rivedere la scena alla moviola. A mischiare i pezzi e rimetterli insieme pensando a quel che avrei potuto dire o fare e, invece, non avevo né detto e né fatto. Poi mi ero lasciata alle spalle i cocci di quell’amore mai nato ed ero andata fottutamente oltre.
In seguito lui si era fidanzato con una mia amica ed io avevo sovrascritto il file S. che, seppur con la fisiologica sofferenza connaturata in questi frangenti, si era sbiadito sempre più. Fino a scomparire dal mio hard disk.
Stamattina, casualmente, l’ho incontrato dopo circa una trentina d’anni. Ci siamo guardati da lontano, nessuna farfalla nel mio stomaco e, sono certa, nemmeno nel suo. Le pulsazioni non hanno accelerato di una virgola. Si è avvicinato e i suoi occhi hanno abbozzato un sorriso.
– Ciao, come stai? – una stretta di mano
– Abbastanza bene, grazie. E tu? – ho risposto garbata.
– Nemmeno io mi lamento –
Ed ha sfoderato un sorriso raccapricciante che era un manuale di patologia odontoiatrica.
Poi la conversazione è proseguita su argomenti insipidi come famiglia, lavoro e città in cui si vive e ad un tratto lui ha commentato “E’ la vita!” ed è riuscito, con tre parole, a diminuire ulteriormente lo spessore di un vecchio luogo comune.
Una frase fatta, banale e stupida quasi come l’immortalità del primo amore.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
3 ottobre 2013: la strage di Lampedusa (di Giampaolo Cassitta)
Il prete e il povero (di Cosimo Filigheddu)
I giornali di oggi (di Cosimo Filigheddu)
La mia ora di libertà (di Giampaolo Cassitta)
A vent’anni si è stupidi davvero. A 80 no. (di giampaolo Cassitta)
La musica ai tempi del corona virus: innocenti evasioni per l’anno che verrà. (di Giampaolo Cassitta)
Guarderò Sanremo. E allora? (di Giampaolo Cassitta)
Quel gran genio di Lucio Battisti (di Giampaolo Cassitta)
Capri d’agosto (di Roberta Pietrasanta)
Il caporalato, il caporale e i protettori (di Mimmia Fresu)
Marshmallow alla dopamina (di Rossella Dettori)
377 paesi vivibili (di Roberto Virdis)
Per i capelli che portiam (di Mimmia Fresu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 17.697 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design