Il primato mondiale della Sardegna antica. Recentemente l’Istat ha pubblicato i dati del patrimonio archeologico italiano che, com’è noto, è forse in assoluto il più importante del pianeta. I dati sono stati elaborati e visualizzati dal SSEO, l’osservatorio di studio che si occupa di elaborare le statistiche che riguardano la Sardegna, evidenziando come quasi un quinto del patrimonio archeologico del Paese appartengano alla Sardegna.
La Sardegna ha un patrimonio archeologico quasi un quinto della nazione del mondo con il più grande patrimonio archeologico della terra.Ovvero, la Sardegna ha un patrimonio archeologico superiore a regioni che hanno determinato la storia antica di questa parte di mondo, come il Lazio, la Toscana, la Sicilia.Questa notizia, ovviamente, è passata abbastanza sotto silenzio. Il problema, in Sardegna, sembra essere in questo momento la visita del Ministro alla mostra di Frau all’aeroporto di Cagliari, o le interviste non concordate della RAI sulla storia sarda. Eppure ci sarebbe da lavorare molto per evidenziarlo, questo primato, il modo da promuovere meglio questo immenso patrimonio ai fini scientifici, divulgativi ed economici. Tuttavia alcune importanti voci fuori dal coro hanno ripreso la notizia positivamente. L’archeologa Maria Antonietta Mongiu, già responsabile regionale del FAI, ha parlato senz’altro di “primato mondiale” del numero di monumenti archeologici presenti in Sardegna, in un articolo dell’Unione Sarda a firma di Paola Pilia. Il citato articolo dell’Unione Sarda viene ripreso dalla titolata archeologa Ilaria Montis, nel sito Sardegna Sacra, aggiungendo, inoltre, che “anche se secondo i dati ISTAT in Sardegna si trova un quinto dei siti archeologici in Italia, dobbiamo fare attenzione alla lettura di questo dato. Perché i dati ISTAT si riferiscono solo ai siti archeologici musealizzati, ovvero parchi archeologici gestiti, curati e aperti al pubblico. Ovvero una minima percentuale di quelli esistenti, pari a poco più una cinquantina di siti archeologici. Ma nel database ufficiale del Piano Paesaggistico della RAS risultano infatti censiti quasi 10000 Beni, considerando anche che il database presenta molte lacune. Facendo quindi una sommaria stima dei dati da integrare per ottenere l’elenco completo dei siti, il numero cresce quindi ulteriormente, superando senza fatica i 10000 siti archeologici.”
http://sardegnasacra.it/in-sardegna-record-mondiale-di-sit…/ Naturalmente è limitativo considerare questo dato solo nella sua valenza quantitativa. Figurarsi, quindi, se si considera anche l’aspetto qualitativo, ovvero l’importanza dei monumenti, la loro antichità, lo stato di conservazione. Certamente nella Sardegna dell’età del bronzo, in quest’isola, dev’essere successo qualcosa di straordinario che non può non aver influenzato la storia di questa parte di umanità. Già dagli anni ’50, ad esempio, il fondatore dell’etruscologia, il grande archeologo Massimo Pallottino, aveva individuato nell’influenza della Sardegna nuragica una componente essenziale della civiltà etrusca, la stessa che poi ha influenzato, a sua volta, la civiltà che sta alla base della moderna cultura occidentale, ossia quella romana. E le fonti antiche che parlano di “shardana” in giro per il mediterraneo, quindi pienamente partecipi delle dinamiche della storia antica, cominciano ad essere considerate dagli studiosi con sempre maggiore serietà.
Eppure, quando si parla di un qualche primato della Sardegna antica, parte subito la gara allo scetticismo, al sarcasmo, alla denigrazione, alla confutazione, soprattutto in Sardegna. Neppure di fronte a dati, per come dire, matematici, indiscutibili, la storia della Sardegna, non solo negli organismi ufficiali, ma anche da parte di una certa intellighenzia che preferisce mantenersi “allineata e coperta”, viene sottoposta ad un processo di rivalutazione del suo ruolo storico nel Mediterraneo e nell’Europa antica. Su queste dinamiche culturali, di matrice egemonica se non addirittura post-coloniale, mi sono espresso e non mi ripeto, avendoci scritto un libro intero, a cui rimando e faccio pubblicità più per pigrizia che per dovere, perché mi sono stancato di ripetere le stesse cose. Dico solo che, in qualunque altra parte del mondo, questo primato sarebbe un vessillo sbandierato in tutti i luoghi e in tutte le occasioni. La Sardegna, invece, si è ammalata di quella strana sindrome culturale, unica al mondo, che ho definito “mitofobia”.
Come ho ampiamente argomentato, infatti, la storia nuragica non era funzionale alla nazionalizzazione storiografica e culturale del paese. La Sardegna era funzionale invece a progetti economici di importazione che, per ragioni propagandistiche, non prevedevano la presenza di una storia troppo antica e così significativa. Per non parlare dell’impostazione conservativa delle storiografia eurocentrica, ossia che tutta la civiltà antica derivi dall’Oriente per contagio, e la Sardegna, sotto questo profilo, risulta anomala per antichità e geografia. Impostazione che, in realtà, non è affatto neutrale, ma politica. Insomma, si percepisce un processo lento, a volte compiuto con sbalzi e singhiozzi, come una pentola a pressione che sbuffa e scoppia e che non riesce più a contenere l’acqua in ebollizione. L’importanza dell’antica storia sarda, lentamente, si sta riprendendo la sua posizione nei processi storiografici internazionali. Il processo sarà lungo e lento, ma credo che alla fine i condizionamenti culturali, economici e politici che hanno oscurato questa incredibile esperienza storica, verranno superati nel tempo dall’evidenza delle cose.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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