Non essendo credente, non vado quasi mai a messa. Ma qualche sera fa ricorreva l’anniversario della morte di un vecchio amico e mi è sembrato giusto essere presente. La funzione religiosa è stata celebrata da un giovane prete messicano. Non lo conoscevo, è stato lui a rivelarsi raccontando del proprio passato e dei martiri per la libertà nel suo grande Paese. Non so se gli altri presenti ci abbiano fatto caso, ma la sua è stata una conduzione fuori dalle righe, gradevolmente surreale. Al punto da non averne perso una parola: non ricordo di aver mai realmente prestato attenzione ad una predica, nelle mie rare apparizioni dentro un edificio di culto. Al punto da avermi ricordato che, sotto i paramenti, c’è sempre il cuore di un uomo che batte. Era il giorno di Santo Stefano e il prete messicano ha osservato che non ha molto senso andare in chiesa per abitudine, per compiere un dovere, per rispettare una tradizione. Ma il prete messicano non aveva una grande padronanza dell’italiano e il suo discorso non fluiva liscio, incespicando spesso sulla ricerca di termini che evidentemente non appartengono ancora al suo vocabolario. E così la predica è diventata una sorta di dialogo col pubblico. Quando al sacerdote non veniva in mente una parola esortava i fedeli a suggerirgliela, cercando di illustrare con delle circonlocuzioni quel che intendeva dire. È stato molto strano ma, mi sia concesso, entusiasmante. In genere, alla seconda parola del sermone io mi distraggo e penso ai fatti miei, ma stavolta quel faticoso e corale parto del discorso mi è parso avere un significato molto più profondo e simbolico del tentativo di comprendersi tra persone di lingua diversa. C’era un uomo venuto dall’altro capo del mondo che tendeva la mano affinché lo salvassero, mentre annaspava nel mare delle parole. Oppure sapeva benissimo quel che doveva dire, ma cercava di estrarne la forma dalla consapevolezza della cose che ciascuno ha in sé. Mi è parso, da non credente, di trovare in quel momento di liturgia, in un piccolo tempio di provincia, il messaggio universale di Cristo e della Chiesa.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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