Ci sono immagini che, da sole, costruiscono una storia. Sono le icone del passato o le foto di un presente che ci accompagna. Così, quando vediamo la Torre Eiffel pensiamo a Parigi, il Colosseo ci trasporta velocemente su Roma, la Sirenetta a Copenaghen. Poi ci sono i luoghi mai visti, i deserti sconosciuti, le fotografie oniriche e bucoliche di tramonti colorati. Che ci fanno camminare su un velluto dolce e corposo. Quando mi è passata davanti, questa immagine, la prima cosa che ho pensato è stata: «Sembra la fuga in Egitto di Giuseppe e Maria.» Ho guardato meglio. Non era tratta da un presente vivente ma era, purtroppo, un’immagine vera. Dei nostri giorni. Non so chi l’abbia scattata e dove sia stata scattata ma so, per certo, che è diventata virale. L’ho postata sul mio profilo ieri sera con una semplice frase: “Il presepe di oggi. Buone riflessioni.” Meno dei 140 canonici caratteri di un tweet. Poche parole. Mi aveva colpito quel camminare lento, duro, triste ma dignitoso dei due personaggi. Mi avevano colpito gli sguardi di tutti, anche del bambino: verso la terra, la loro terra. Camminavano con attenzione. Ma camminavano. Perché dovevano camminare. Poi, ci sono cose inspiegabili. Quella foto, in un attimo, è diventata virale: solo nella mia pagina in meno di una serata oltre 255 like, molti commenti, 305 condivisioni che hanno riempito moltissime altre bacheche di Facebook. E allora mi sono chiesto: che forza ha questa apparente semplice fotografia nel nostro immaginario? Sicuramente ci trasporta verso una storia di sofferenza, di tristezza. Più probabilmente, qualcosa che ci percuote, che ci costringe a vergognarci. E le mie poche frasi camminavano su toppi pensieri: pareva un presepe, ma non lo era. Forse rigurgiti di sensi di colpa, forse un “mi piace” messo perché male non ci fa, forse una condivisione per dire: “questa è una brutta storia”. Perché, chiariamoci: personalmente quello è il presepe moderno per davvero. Un presepe fatto di uomini con lo sguardo basso, quasi senza speranza ma che nascondono molta determinazione. Ce la vogliono fare. Quel presepe è guardato invece da alcuni con lo sguardo occidentale altrettanto basso, ma solo perché non vogliono vedere. Ecco, questa bellissima foto vi racconta una storia. Senza bue e asinello. Parlarne ci farebbe bene.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
3 ottobre 2013: la strage di Lampedusa (di Giampaolo Cassitta)
Il prete e il povero (di Cosimo Filigheddu)
I giornali di oggi (di Cosimo Filigheddu)
La mia ora di libertà (di Giampaolo Cassitta)
A vent’anni si è stupidi davvero. A 80 no. (di giampaolo Cassitta)
La musica ai tempi del corona virus: innocenti evasioni per l’anno che verrà. (di Giampaolo Cassitta)
Guarderò Sanremo. E allora? (di Giampaolo Cassitta)
Quel gran genio di Lucio Battisti (di Giampaolo Cassitta)
Capri d’agosto (di Roberta Pietrasanta)
Il caporalato, il caporale e i protettori (di Mimmia Fresu)
Marshmallow alla dopamina (di Rossella Dettori)
377 paesi vivibili (di Roberto Virdis)
Per i capelli che portiam (di Mimmia Fresu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 17.695 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design