Ero lì da mezz’ora. Le canne già a mare non davano molta speranza: ferme immobili come appena posate. L’esca era dura, schiena di seppia, giusta per le orate. Così i pesci piccoli ci avrebbero messo un bel po’ a mangiarsi tutto.
Me ne stavo a guardare il mare, in attesa di qualcosa. Avevo con me qualche libro da leggiucchiare. Ma io, quando pesco, non riesco a leggere; così avevo tirato fuori un sugherello e un po’ di pastetta e mi ero messo a pescare fritto misto.
In quella, non potei ignorarlo, un sarago fasciato mise la testa fuori dall’acqua e mi si rivolse a voce, come un cristiano. Gentile, molto gentile. Parlava con leggero accento ligure. Mi ero già chiesto cosa fare in una circostanza simile. Io ogni tanto ci penso, alle cose assurde, e dunque sapevo più o meno cosa fare, per averlo immaginato. Mi spiegò che forse si era perso. Strano, pensai. Vi pare che un pesce possa perdersi? Perdersi vuol dire abbandonare la strada giusta o il posto giusto. Non credo che il mare permetta ai pesci di abbandonarlo. Il mare è un tutt’uno. Da piccolo pensavo: il mare è mare, basta che ci sia acqua. Si presenta un po’ come la terra senza persone. Rilievi, vallate larghissime, praterie, rocce, fauna che fluttua, striscia, cammina. Ma nessuna strada. Nessuna casa. E poi il mare è talmente grande che in ogni punto sembra di stare al centro. Come è possibile che un pesce si perda? Questo sentirsi al centro vacilla solo se vediamo terra. Ma basta rimettersi giù e tutto torna centrato. Poco importa se in quel punto il fondo sale veloce verso qualcosa che poi sprofonda in su, nell’abisso del cielo, come fanno le città di mare, che se ne stanno lì come castelli più in alto delle nuvole. In questi casi basta ignorare l’acqua bassa e, se viene paura, seguire il fondale verso il buio.
Mi sorpresi a ragionare come lui, come quel sarago che mi guardava.
Chiesi se gli dava fastidio vedermi pescare. Fu gentile e glissò, ma pensai che la cosa lo turbasse non poco. Comunque, gli usai la cortesia di avvisarlo che c’era un boccone di seppia con tre ami bronzati, misura 4, con anello. Mi assicurò che la seppia non gli piaceva.
“Conosci qualche porto diverso da questo?”
“Li conosco tutti, i porti di mare. Perché?”
“Anche io ne conosco un bel po’. Da giovane ero un marinaio. In certi porti si poteva nuotare. Allora qualche volta, se l’acqua non era troppo lurida, con gli altri dell’equipaggio ci si divertiva a far tuffi dalla nave”.
“Vuoi vedere che ci siamo già incontrati? Magari a Marsiglia, o a Malta, o a Livorno”.
“Ma non ce ne siamo accorti”.
“Funziona così. Il mare, visto da un lato solo, è uno specchio. Se non lo attraversi, in orizzontale o in verticale, resti fermo anche tutta la vita a veder quel che sei già, e credi di vedere il mondo. Forse ci siamo già incontrati, magari più di una volta, ma tu avrai visto solo te stesso in mezzo a riflessi di prede, io invece avrò visto solo un sarago e, intorno, ombre di predatori”.
“Sicuro che non ti piaccia la seppia?”
Mi guardò come se improvvisamente qualcosa di fondamentale gli fosse tornato in mente, e sparì.
Restai qualche minuto come mezzo addormentato. Mi svegliò la frizione del mulinello, che aveva preso a correre fischiando. Impugnai la canna, la sollevai strozzando il filo con l’indice e diedi uno strattone. Poi iniziai il recupero.
Sembrava pesante. Quando, tre minuti dopo, vidi luccicare sotto la banchina, misi a mare il coppo e tirai su un sarago fasciato da più di mezzo chilo.
Il vento era calato completamente.
Il mare – verrebbe da dire – anche dietro l’orizzonte, sembrava un unico specchio infinito.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.018 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design