Sapevate che il Pci di Enrico Berlinguer aveva un vero e proprio apparato di intelligence? E che alla fine degli anni Settanta, subito dopo il sequestro Moro, il partito infiltrò un suo agente segreto in una organizzazione terroristica? E che l’operazione aveva l’avvallo di Carlo Alberto Dalla Chiesa? Se lo sapete, siete tra i pochi. Perché questo è uno dei segreti riposti in un armadio della nostra storia recente. Non l’armadio della vergogna, quello che racchiude le collusioni con il fascismo dell’Italia post fascista, ma il più striminzito armadio dell’orgoglio, che custodisce le operazioni compiute da una parte sana della nostra classe politica per salvare la democrazia. A raccontarvelo sarà l’ennesimo scoop dell’inviato nella storia Vindice Lecis e lo farà nel suo prossimo romanzo verità la cui uscita è prevista per il 21 aprile. Il titolo è L’infiltrato, l’editore è Nutrimenti, lo stesso che nel 2014 pubblicò La voce della verità, storia riscoperta da Lecis del comunista sassarese Luigi Polano che in pieno fascismo, trasmettendo da una radio clandestina in un luogo rimasto sempre segreto, fece conoscere agli italiani il reale e disastroso andamento della guerra. Inviato nella storia? Lecis è anche un apprezzato giornalista ma la definizione è scherzosa perché in realtà quando lui fa la valigia e prende il treno del passato, non lo invia nessuno, decide da solo. Ma la mentalità e lo stile sono senz’altro quelli dell’inviato, quando parte verso la civiltà nuragica o la Sardegna medievale dei giudicati e poi avanti e indietro nei secoli e millenni visita la Sardegna e l’Africa romana dell’imperatore Adriano, per abbandonarle in un brusco ritorno al futuro con tutte le trame dal secondo dopoguerra italiano sino alla fine degli anni Settanta. Il piglio è quello del giornalista scrittore di razza: notizie incalzanti e approfondite confezionate in un pathos narrativo di classe. Lecis, 58 anni, comunista da ragazzino, a 19 anni segretario della Fgci (i giovani del Pci) di Sassari, laurea in Beni culturali, giornalista professionista dagli inizi degli anni Ottanta e scrittore da una quindicina d’anni, è il romanziere storico più conosciuto in Sardegna ed è un fenomeno dell’editoria sarda. Dal 2012 i suoi libri sono i più venduti tra quelli pubblicati da case editrici dell’isola. I tre romanzi della serie giudicale (Buiakesos, Il condaghe segreto e Judikes, editi da Condaghes), quelli che hanno contribuito più di scuola e università a una conoscenza popolare del nostro così peculiare medioevo, hanno venduto novemila copie. Un record prima impensabile in un mercato dove la parola “successo” si usa quando una pubblicazione supera le cento copie. Del giornalismo nei suoi romanzi conserva gli aspetti migliori: uno stile incalzante, un lessico apparentemente basilare, ma in realtà colto ed evoluto. E soprattutto l’evidente desiderio di non annoiare mai il lettore, anzi, il terrore di poterlo in qualche modo distogliere dalla lettura indulgendo a leziose lungaggini che denunciano l’autocompiacimento dell’erudito, la trappola in cui cadono i romanzieri storici meno professionali. In sintesi: belle storie, avvincenti, raccontate in un’ottima lingua e con un ottimo stile. E storie vere, documentate, che si parli di nuraghi, legioni sardo romane, trame giudicali o colpi di stato nell’Italia contemporanea. Il Lecis studioso di storia ha una tesi: la centralità e la dignità della Sardegna in tutte le sue fasi storiche. Una tesi che svolge nelle sue avvincenti storie di amori, sangue, guerre, vendette e desideri animate da personaggi straordinariamente caratterizzati. E’ marxista e quindi sa che il vero eroe non è l’individuo ma la storia stessa nelle sue evoluzioni economiche. E in quanto al recupero della centralità di ruolo della Sardegna, in qualche conversazione privata ha sintetizzato così i suoi anni di studi approfonditi: “E allora ho scoperto che questa immagine di una Sardegna dolente mi rompeva i coglioni da morire”. E così è diventato romanziere storico, perché sia come scrittore sia come giornalista ha sempre avuto l’obiettivo di tirare fuori delle storie perché non si perdessero. Il metodo è sempre quello: quando arriva a “rompersi i coglioni” di qualche situazione non riesce a starsene con le mani in mano. Io ricordo a esempio di quando lui era capocronista alla Nuova Sardegna mentre io ero capo della Cultura. Ero d’accordo con ciò che scriveva e faceva scrivere ma mi sembrava troppo aggressivo, mi ero fatto il cinema di una città un po’ frastornata e intimorita dalle sue continue inchieste a colpi di scudiscio su questioni morali di ogni tipo. Poi lui decise di accettare un importante incarico in un altro giornale del gruppo e continuò la sua carriera fuori dalla Sardegna (ora è caporedattore nel gruppo L’Espresso). Io venni chiamato a sostituirlo. Nei primi mesi feci quindi quello che ritenevo andasse fatto: continuare sugli stessi temi ma con uno stile più pacato, lanciare il messaggio che il potere, sì, va tenuto sotto controllo, ma senza spaventare il lettore. Dopo pochi mesi però, siccome neppure io sono del tutto coglione, mi resi conto che a essere spaventato da Lecis non era il lettore ma il potere. E quindi in fretta e furia tornai al modo di fare cronaca del mio predecessore, l’unico possibile in un giornale coraggioso e indipendente quale era il nostro. Ed ecco quindi questo costruttore di best seller diffusi anche con una straordinaria, inusitata serie di presentazioni in ogni parte della Sardegna e anche fuori dall’isola. Questa capillare propagazione dei suoi libri è ormai diventata un evento culturale a sé: nei più piccoli centri come nelle grandi realtà urbane, nelle associazioni eredi delle vecchie pro loco e nell’aula magna delle università o di storici istituti superiori dei capoluoghi, sceglie i personaggi più rappresentativi delle singole realtà e li raduna intorno al suo romanzo di turno per parlare di storia, di politica e di cultura. Dal 2011, anno delle Pietre di Nur (1500 copie vendute), le presentazioni sono state circa 150. La divulgazione è un mestiere difficilissimo che ha l’obiettivo di mediare il sapere tra i professori e il grande pubblico. La corporazione degli storici, in Italia, ha una lunga tradizione di indifferenza verso la diffusione di massa dei propri studi e delle proprie idee. Un atteggiamento che soltanto le ultime generazioni cominciano ora a superare, osteggiato però da certi vecchi poteri accademici perplessi anche per l’irruzione di tsunami come questa massiccia divulgazione del medioevo sardo. Vindice Lecis ha stretti contatti con gli storici che non hanno paura dei romanzi storici ben fatti, quelli dove l’autore prende per mano il lettore conducendolo in una sua seria e documentata interpretazione di quei fatti che tende a dimostrare delle tesi. Quali siano le tesi di Lecis l’ho già detto: quella che ora chiameremmo la nostra “classe dirigente”, agiva nel contesto mediterraneo, italiano o europeo in una condizione di sostanziale autonomia e parità. E adesso, quindi, dopo il successo di Rapidum ambientato nella Roma di Adriano, aspettiamo il dodicesimo romanzo di Lecis, questo Infiltrato previsto per Aprile. Tra i personaggi ci sarà anche, questa volta come comprimario, Antonio Sanna, l’investigatore-agente segreto del Pci protagonista della serie di quattro gialli storici (La resa dei conti, Togliatti deve morire, Da una parte della barricata e Golpe) sui misteri e le trame golpiste dal dopoguerra sino agli anni delle stragi di stato. In questo quinto giallo verrà rivelata al grande pubblico, sempre nel contesto di una vicenda romanzata, la reale esistenza di un apparato segreto del Pci che analizzava il terrorismo per scoprirne origini e mandanti, oltre alla storia di un infiltrato comunista che davvero riuscì a farsi accettare in uno dei gruppi più pericolosi nel periodo successivo al sequestro Moro. E ci sarà anche la Sardegna, con Barbagia Rossa e i retroscena dell’assalto del 1978 alla stazione radiogoniometrica di Siamaggiore. Buona lettura, ne varrà la pena.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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