Questo trentenne che vedete nella foto si chiama Alexandre Callet. Alexandre gestisce un ristorante in una cittadina non lontana da Parigi, Rueil Malmaison, da quando ha 23 anni. Il suo Les ecuries de Richelieu, va bene, molto bene: vanta una recensione nella guida Michelin e gli affari gli fanno dormire sonni tranquilli. E così, Alexandre ci pensa su: perché non avviare una seconda attività?
Trova il luogo ideale e, quindi, si rivolge a più banche. Ricorda bene come gli istituti di credito gli abbiano servito dei tiepidi “no” ai tempi dell’avvio della sua prima attività ma, dati 2015 alla mano, è fiducioso. E invece, niente: delle decine di banche contattate, una sola risponde: ed è un altro piatto freddo: non, désolés. Alexandre non ci sta e rientrando nel suo ristorante in rue de Zamenhof, si arma di lavagna e gessetto: al posto del menù del giorno, ad accogliere i clienti, un avviso dirompente: “consentito l’accesso ai cani, vietato l’ingresso ai banchieri”. A meno che, aggiunge ironico, non paghino una tariffa di 70mila euro, pari all’ammontare del credito negatogli. Dietro il gesto eclatante, spiega Alexandre, la protesta per il “sabotaggio permanente del sistema economico francese e delle banche che non fanno più il loro mestiere”. Torna in mente una frase ricorrente, quella per la quale “tutto il mondo è paese”. Eroe dei nostri giorni, come in molti si sono precipitati a sentenziare o pura trovata pubblicitaria, come hanno giudicato altri? Quel che è certo è che il mondo della (piccola) ristorazione, anche al di fuori della Francia, si è schierata con Callet. Che dice di non aver accantonato il suo progetto e di non voler ammorbidire la sua posizione: “Non voglio più avere niente a che fare con i banchieri”. Nemmeno dopo che l’eco della sua trovata ha portato una banca a farsi avanti in suo soccorso: una banca del Qatar. È proprio il caso di dirlo di nuovo, già, “tutto il mondo è paese”.
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