Dunque è infotainment ciò che combina Barbara D’Urso in televisione. Non informazione, non intrattenimento ma entrambi.
Un ibrido che un giudice del tribunale di Monza ha deciso di avallare come soluzione ideale per chiudere i conti con quesiti assai spinosi. Può l’informazione essere affidata a una persona digiuna delle regole di deontologia e non obbligata a tenerne conto, in quanto non iscritta all’Ordine professionale? Può l’informazione essere ridotta a un mortificante spettacolo pomeridiano di cronaca nera basato più sul coinvolgimento emotivo, sulla lacrima facile e la bieca morale che non sulla scrupolosa verifica dei fatti che vengono raccontati e dati in pasto all’opinione pubblica? Può l’informazione essere affidata a chi non tutela ma anzi divulga, per meri motivi di audience, dettagli intimi e rumours su condotte sessuali, informazioni sensibili che non tengono conto del diritto dei minori di essere “Invisibili” o comunque non rintracciabili?
Se queste sono le domande alle quali il giudice di Monza, chiamato in causa dal presidente dell’Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino, doveva fornire risposta, c’è da rimanere basiti. Ancor più se si pensa che il giudice ha accolto la richiesta di archiviazione della pubblica accusa senza nemmeno aver sentito la necessità di acquisire e visionare una serie di puntate di “Domenica live” citate nella denuncia.
Il pm, Walter Mapelli, ha motivato la sua richiesta di archiviazione con la tutela dei diritti fondamentali, quali la libertà di manifestazione del pensiero. Un principio che cozza paurosamente con il castello di regole faticosamente costruite negli anni per far sì che l’informazione, in questo Paese, non andasse a confondersi, guarda caso, con l’intrattenimento. Un giudice ha deciso di smontare questo castello, legittimando dunque un nuovo tipo di approfondimento giornalistico: quello basato sul chiacchiericcio, sulla lacrima facile e sul condizionamento, quello che non guarda oltre le apparenze, che se ne frega del diritto alla privacy e dei bambini che pagheranno gli errori degli adulti, quello che non sente la necessità di distinguere tra illazione e verità, quello che si aggira maliziosamente attorno ai fatti di sangue alla ricerca del dettaglio scabroso sul quale costruire la puntata.
Non è l’infotainer (sic) Barbara D’Urso a essere stata sdoganata. E’ il giornalismo a uscire sconfitto da questa sentenza.
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